L’azione dell’Amministrazione Finanziaria è essenzialmente orientata a contrastare l’evasione. Recentemente, accanto all’evasione si è tuttavia affermato un diverso fenomeno, chiamato elusione o anche abuso del diritto, che, seppur meno insidioso è, in linea di principio riprovato dal sistema.
L’abuso del diritto o elusione fiscale rappresenta una delle elaborazioni più controverse nell’ambito dei sistemi giuridici sia nazionali che sovranazionali e, oggetto, ancora oggi, di un vivo dibattito dottrinale e giurisprudenziale relativo alla sua configurabilità.
Tanto premesso, si osserva che l’evasione è un comportamento illegittimo ed illecito che contrasta in modo diretto con una specifica previsione normativa, che viene espressamente violata.
La condotta di evasione è diretta a sottrarre materia imponibile, occultandola, celando componenti positive di reddito (ricavi, corrispettivi ed altri proventi imponibili) ovvero rappresentando componenti di costo fittizie (costi, spese ed oneri in realtà inesistenti).
L’evasione, in quanto violazione della legge, è contrastata dal legislatore attraverso la previsione di specifiche fattispecie sanzionatorie, amministrative e penali.
L’elusione (o abuso del diritto), di contro è una vicenda caratterizzata dalla presenza di condotte assolutamente lecite, ossia non contrastanti con alcuna espressa previsione normativa; di condotte che, tuttavia, realizzando un risultato disapprovato dall’ordinamento, sono reputate lecite ma non legittime.
L’elusione/ abuso del diritto si sostanzia nel porre in essere un negozio giuridico ovvero una concatenazione di negozi, giuridicamente perfettamente validi ed efficaci, impiegati tuttavia con la funzione atipica (unica e principale) di minimizzare il carico fiscale riducendo (fino a zero) il relativo onere.
Elusione, significa aggiramento di una norma tributaria, che si compie quando, attraverso uno o più negozi, si realizza un assetto giuridico che ne inibisce l’applicazione (perché non viene integrato formalmente il relativo presupposto), ancorchè il risultato pratico/economico conseguito sia, di fatto, il medesimo che la norma tributaria elusa avrebbe inteso assoggettare ad imposizione.
L’elusione fiscale per lungo tempo è stata contrastata da una norma limitata alle sole imposte sui redditi, contenuta nell’art. 37 bis, D.P.R. n. 600/1973.
Con il d.lgs 5 agosto 2015, n. 128, l’art. 37 bis è stato abrogato e sostituito con l’art. 10 bis , L. 27 luglio 2000 n. 212 .
Il nuovo art.10-bis recita: “Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.
In assenza di uno dei tre presupposti citati (realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, l’assenza di sostanza economica, il conseguimento di un vantaggio fiscale) l’operazione non può essere considerata abusiva (elusiva).
Con specifico riferimento al riparto dell’onere della prova e ai correlati profili procedurali, giova ricordare che l’onere di dimostrare la sussistenza dell’abuso è di norma posto a carico dell’Amministrazione finanziaria, mentre spetta al contribuente dimostrare la sussistenza di “valide ragioni extrafiscali non marginali” (anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondano a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale) che giustifichino l’operazione compiuta.
Per operare il disconoscimento del vantaggio fiscale, che è l’obiettivo perseguito dall’art. 10 bis, occorre però qualche cosa di più della mera inopponibilità. Occorre, in altri termini, poter altresì rendere applicabile il regime fiscale che sarebbe stato attuato se non ci fosse stato l’aggiramento, perché solo così diviene possibile esigere le maggiori imposte dovute in forza della norma elusa.