Il quadro di “apertura” verso i diritti del contribuente che si trovi ad affrontare un atto impositivo illegittimo od infondato con la prospettiva di una revisione dello stesso da parte dell’amministrazione finanziaria ha riscontrato una rilevantissima quadratura nella prassi amministrativa. Al punto che, per quanto l’autotutela si sia continuata a qualificare come “potere” della parte pubblica, si è sempre più spesso parlato di un vero e proprio “dovere” di revisione.
L’annullamento in via di autotutela viene indicato come lo “strumento giuridico fondamentale per la realizzazione di quel particolare rilevante interesse che l’Amministrazione ha a che sia assicurata equità e trasparenza alla propria azione e siano evitate, ovvero eliminate, controversie nelle quali appare certa, o quanto meno probabile, la soccombenza dell’Amministrazione stessa.
Il decreto legislativo n. 219/2023 ha introdotto cambiamenti di grande rilevanza nell’ambito dell’autotutela tributaria, precedentemente disciplinata dal DM 37/1997, ora abrogato.
Il legislatore, infatti, ha inserito l’importante istituto all’interno dello Statuto del Contribuente (legge 212/2000, istituendo gli articoli 10-quater e 10-quinquies, in vigore dal 18 gennaio 2024, i quali disciplinano e riformano l’istituto dell’autotutela tributaria, distinguendola in obbligatoria e facoltativa.
L’articolo 10-quater disciplina l’autotutela obbligatoria: con questa disposizione viene sancito l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di annullare – in tutto o in parte – anche senza istanza del contribuente, gli atti di imposizione (o di rinunciarvi), anche in pendenza di giudizio o in presenza di atti definitivi, laddove sussistano casi di manifesta illegittimità dell’atto, previsti dallo stesso articolo.
Il nuovo articolo 10-quinquies dello Statuto del contribuente disciplina invece l’autotutela facoltativa.
In tale articolo è stabilito, che l’Amministrazione finanziaria, fuori dai casi previsti dall’articolo precedente, possa annullare in tutto o in parte gli atti di imposizione (ovvero rinunciare all’imposizione), anche senza istanza di parte, laddove riconosca una illegittimità o una infondatezza dell’atto o dell’imposizione, anche per un atto già divenuto definitivo o in pendenza di giudizio.
Per entrambi i casi di autotutela, il legislatore dispone anche in materia di responsabilità del funzionario, limitandola alle sole ipotesi di dolo.
Inoltre, a seguito della introduzione nello Statuto del contribuente dell’annullabilità e della nullità dell’atto tributario, dovrà valutarsi, ai fini dell’autotutela, l’esistenza di uno di tali vizi, ora previsti e regolati dagli articoli 7-bis e 7-ter della legge 212/2000.
Anche dal punto di vista del contenzioso tributario il legislatore ha apportato significative novità: le modifiche intervenute, infatti, hanno riguardato gli articoli 19 e 21 del Dlgs 546/1992.
In particolare, viene prevista, all’articolo 19, l’impugnabilità del rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela prevista dall’articolo 10-quater (autotutela obbligatoria) e l’impugnabilità del solo rifiuto espresso sull’istanza di autotutela prevista dall’articolo 10-quinquies (autotutela facoltativa).
Ai sensi del successivo articolo 21 dello stesso decreto, il ricorso avverso il rifiuto tacito – nei soli casi riconducibili all’autotutela obbligatoria – potrà essere presentato dopo il novantesimo giorno dalla proposizione dell’istanza di autotutela.
Dunque, nel caso dell’autotutela obbligatoria, se l’Amministrazione non si sia pronunciata in merito all’istanza di autotutela proposta dal contribuente, contro tale silenzio il contribuente potrà proporre ricorso, dopo 90 giorni dalla proposizione della stessa e fino a quando il diritto non si sia prescritto.
Contro il rifiuto espresso dell’istanza di annullamento in autotutela, invece, il contribuente potrà proporre ricorso entro il termine ordinario di 60 giorni dalla notificazione dello stesso.
Nel caso, invece, di istanza di autotutela facoltativa, a differenza della precedente, il contribuente potrà proporre ricorso solo contro il diniego espresso dell’Amministrazione finanziaria, impugnandolo entro il termine ordinario di 60 giorni; non potrà, dunque, proporre ricorso avverso il rifiuto tacito, e quindi in caso di silenzio dell’Amministrazione.
In conclusione, con l’abolizione dell’istituto della mediazione l’autotutela obbligatoria va a colmare il vuoto della necessità di una fase pre-processuale di riesame dell’atto, con la prospettiva successiva di un possibile contenzioso e con tutte le motivazioni esplicitate dall’una e dall’altra parte (cosa che non avviene per esempio nella procedura di accertamento con adesione).