L’esame del principio d’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, e dei problemi interpretativi che esso solleva in ordine alla sua esistenza e al fondamento dogmatico, è collegato alle caratteristiche essenziali dell’obbligazione tributaria.
Secondo autorevole dottrina, l’imposta, quale categoria giuridica ben delineata, risponde ad una funzione tipica ed esclusiva, che condiziona e definisce l’essenza stessa dell’obbligazione tributaria, ovvero alla funzione di riparto della spesa pubblica.
L’obbligazione tributaria, in ragione delle sua natura sui generis che ne giustifica l’attrazione nell’alveo delle obbligazioni pubblicistiche, non si esaurisce nel rapporto creditore- debitore tipico del diritto privato. Oltre al normale rapporto verticale di dare e avere tra il Fisco, in veste di creditore, e contribuente- debitore, esiste, parallelamente ad esso, un rapporto orizzontale tra contribuenti, tra i quali il carico impositivo deve essere ripartito in ragione della capacità contributiva, secondo il fondamentale principio scolpito dall’art. 53 Cost.
L’art. 53 Cost.,, nel sancire la doverosità della contribuzione alla spesa pubblica da parte dei cittadini, ne limita al tempo stesso la portata, ancorando il potere del legislatore di imporre prestazioni patrimoniali alla ricorrenza di situazioni in grado di esprimere capacità contributiva.
L’art. 53 Cost. è, dunque, espressione non solo del principio di universalità della contribuzione ma anche di equità del sistema fiscale, che si traduce nella pretesa di ciascun contribuente ad un giusto riparto del carico pubblico complessivo, ovvero a non subire un prelievo superiore alla propria capacità contributiva, manifestata in concreto attraverso comportamenti ritenuti indici espressivi di forza economica.
La contrapposizione tra l’interesse dell’ente impositore alla massimizzazione del gettito e quello del contribuente alla riduzione del carico fiscale è da sempre considerata immanente al diritto tributario, e investe gli elementi costitutivi del tributo, ovvero la sua stessa istituzione, la base imponibile, il presupposto, l’aliquota;
Per tutelare la posizione del singolo contribuente e garantire che il concorso di tutti i coobbligati rispetti il principio di equità, non basta fissare ex ante dei limiti qualitativi e quantitativi al legislatore ordinario in sede d’istituzione di nuove imposte, o prevedere il controllo di costituzionalità ex post, ma occorre inibire all’Amministrazione Finanziaria il potere di disporre del credito tributario. In quest’ottica, infatti, qualsiasi atto dispositivo finirebbe per alterare i meccanismi di ripartizione del carico tributario fissati dal legislatore, vanificando sul piano concreto il principio di capacità contributiva.
La nozione stessa di “indisponibilità”, è stata declinata dai cultori del diritto tributario con una varietà di accezioni e sfumature tale da rendere difficile un’opera di ricomposizione sistematica, tesa a ricondurre in poche categorie omogenee le diverse teorie prospettate.
Una posizione di primo piano va riservata a quelle tesi che riconducono l’indisponibilità del tributo al dovere generale di contribuire alle spese pubbliche secondo capacità contributiva, sancito dall’art. 53 Cost.
Una seconda teoria riconduce il principio d’indisponibilità all’art. 23 Cost., in quanto sostiene riconosce solo la legge, e gli atti ad essa equiparati, quale unica fonte normativa idonea ad imporre prestazioni patrimoniali ai cittadini, appare evidente che l’Amministrazione non potrà né emanare atti che incidono sui presupposti impositivi delineati dal legislatore, né, tantomeno, creare fattispecie di esenzione o di esclusione tributaria.
Merita ora di essere presa in esame la teoria che ha ritenuto di individuare il fondamento dell’indisponibilità nell’art. 97 Cost: alla base di siffatto indirizzo vi è la convinzione che l’indisponibilità del credito tributario deriverebbe non già da un’incompatibilità in astratto tra l’imparzialità dell’azione amministrativa e il potere negoziale di rinuncia al credito, ma dalla difficoltà, riscontrabile nella pratica, di assicurare che l’attività degli Uffici resti informata ai doveri fondamentali d’imparzialità e correttezza nel momento del concreto esercizio dei poteri di disposizione.
Si può rilevare come la tradizionale contrapposizione tra chi aderisce alle teorie che riconducono il carattere indisponibile dell’obbligazione tributaria a precetti costituzionali, e chi, all’opposto, propende per le tesi che negano tale fondamento costituzionale, non si esaurisca più in una sterile disputa dottrinaria.
Non v’è dubbio, infatti, che riconoscere all’indisponibilità una dimensione costituzionale significa non solo vietare qualunque manifestazione autonoma del potere dispositivo da parte dell’Amministrazione Finanziaria, in virtù del principio di riserva di legge, ma anche precludere a una norma di legge ordinaria la possibilità di introdurre meccanismi che consentano all’Amministrazione di rinunciare o disporre del credito, pena la violazione del principio d’indisponibilità costituzionalmente tutelato.