L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza.
La partecipazione offre la possibilità ai soggetti legittimati di "presentare memorie scritte e documenti" nonchè di "prendere visione degli atti del procedimento" (art. 10 L. 241/90).
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi spetta a tutti i soggetti interessati, intendendosi come tali “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento amministrativo al quale è chiesto l’accesso” (art. 22, comma 1, lett. b), L. 241/1990).
L'accesso deve essere considerato non solo ed esclusivamente come un istituto capace di permettere la conoscenza dei documenti amministrativi in via strumentale alla partecipazione procedimentale o alla difesa in giudizio, ma anche come idoneo ad ottenere la conoscenza di atti del procedimento amministrativo, ogniqualvolta venga allegata la sussistenza di un interesse alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, la cui nozione è più ampia ed estesa rispetto a quella dell'interesse all'impugnazione, potendo avere ad oggetto atti idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti nei confronti dell'istante indipendentemente dalla sussistenza o meno di una loro lesività (T.A.R. Valle d'Aosta sez. I, 16/11/2020, n.58).
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la recente pronuncia n. 4/2021, affronta la questione sottesa al tipo di valutazione che deve investire il collegamento fra esigenza di ottenere l’ostensione del documento ed esigenza difensiva dell’istante.
L’Adunanza Plenaria, nelle precedenti sentenze gemelle nn. 19, 20 e 21 del 2020 pur avendo chiarito la rilevanza “complementare” dell’accesso difensivo rispetto al sistema di acquisizione probatoria del giudizio civile, non ha precisato i poteri di valutazione dell’istanza di accesso difensivo da parte dell’amministrazione.
L’Adunanza torna a pronunciarsi in tema dell’accesso agli atti in materia di documentazione finanziaria detenuta dall’Anagrafe tributaria per risolvere alcuni aspetti rimasti irrisolti con riferimento al tema dell’accesso documentale “difensivo”. I chiarimenti si intendono necessari in considerazione dei dati in possesso dell’anagrafe tributaria che consentono di ricostruire le vicende patrimoniali e personali, di ogni cittadino.
L’Adunanza plenaria affronta la questione se l’amministrazione, in sede di valutazione di una domanda di accesso difensivo a documenti amministrativi, debba operare un giudizio di “mera attinenza” oppure di “stretto collegamento” tra atti richiesti e difese da apprestare nell’ambito di un processo pendente o da instaurare.
Ebbene, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo, preordinato all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza (nella specie, cd. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, per l’Adunanza Plenaria, non trova applicazione né il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari) né il criterio dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd. supersensibili), ma il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali dell’accesso documentale di tipo difensivo. E, allora, afferma la Plenaria, il collegamento tra la situazione legittimante e la documentazione richiesta, impone un’attenta analisi della motivazione che la pubblica amministrazione ha adottato nel provvedimento con cui ha accolto o, viceversa, respinto l’istanza di accesso.
A tal fine l’Adunanza Plenaria, dopo avere ricostruito i presupposti dell’accesso difensivo, fissa i seguenti principî di diritto: “In materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poichè l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare; la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. 241/1990”.