Le differenze con la legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo
Il procedimento amministrativo è una sequenza ordinata di atti, fatti e operazioni, posti in essere da più uffici o organi, collegati tra loro e finalizzati al conseguimento di un risultato: l’emanazione del provvedimento amministrativo.
La Legge 7 agosto 1990, n. 241 ha, per la prima volta, sancito la possibilità per i privati cittadini di partecipare all’attività amministrativa su di un piano paritario con l’amministrazione, il tutto nell’ottica di una sempre più accentuata democraticizzazione dei rapporti tra autorità e privati.
Il capo III della legge 241/1990 (articoli da 7 a 13), titolato “Partecipazione al Procedimento Amministrativo”, disciplina gli strumenti con cui il legislatore garantisce la partecipazione dei privati al procedimento, improntando lo stesso al dialogo e al contraddittorio tra parte pubblica e parte privata, ai fini di un confronto collaborativo.
Ruolo chiave, in questo contesto, riveste il responsabile del procedimento che ha il compito di gestire la fase istruttoria e, allo stesso tempo, di garantire il confronto dialettico tra P.A. e cittadini, essendo egli il soggetto deputato a interagire con il privato, in rappresentanza della P.A., al fine di addivenire ad un provvedimento quanto più possibile “condiviso”.
I destinatari delle facoltà partecipative sono specificamente individuati dall’art. 7, L. 241/1990, che elenca i soggetti ai quali va necessariamente inviata la comunicazione di avvio del procedimento.
La previsione, ex art. 9, della facoltà dei portatori degli interessi diffusi di partecipare al procedimento ha fatto sorgere la necessità di stabilire se tale partecipazione sia necessaria e sufficiente per riconoscere agli stessi la legittimazione processuale e amministrativa.
Secondo l’opinione prevalente, l’art. 9 della legge 241/1990 non riconosce di per sé la legittimazione processuale a tutti i soggetti portatori di interessi collettivi che abbiano in concreto partecipato al procedimento. E’, quindi, rimesso rispettivamente all’Amministrazione procedente e all’Autorità giudiziaria il compito di verificare, nel singolo caso, se il soggetto interveniente abbia effettiva legittimazione procedimentale e processuale, in quanto portatore di un interesse differenziato e qualificato, senza che la valutazione operata in sede di procedimento vincoli quella da rinnovarsi nella sede processuale.
A ben vedere, la partecipazione al procedimento amministrativo e la legittimazione processuale svolgono funzioni distinte all’interno dell’ordinamento: la prima non soltanto tutela preventivamente gli interessi dei soggetti suscettibili di essere incisi dal provvedimento, ma fornisce all’amministrazione una gamma ampia di informazioni utili per meglio esercitare il potere.
Essa è riconosciuta al fine di assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa a tutti i soggetti ed enti che, a prescindere dalla sussistenza di un interesse destinato a essere sacrificato in virtù del provvedimento finale (interesse difensivo), siano concretamente interessati a fornire un apporto collaborativo all’operato dei pubblici poteri (interesse partecipativo).
Ha, dunque, un ambito più ampio ed esteso della legittimazione processuale, che invece può essere riconosciuta solamente al titolare di una situazione giuridica soggettiva in senso proprio, che ha subito una lesione alla quale occorre porre rimedio, ossia ai titolari di un interesse sostanziale e non meramente partecipativo o collaborativo e, quindi, ai soli titolari di interessi collettivi legittimati a intervenire nel procedimento, a titolo squisitamente difensivo.
La partecipazione al procedimento, dunque, costituisce applicazione del principio del giusto procedimento, secondo il quale il procedimento amministrativo deve essere disciplinato in modo tale che gli organi amministrativi impongono limitazioni ai cittadini solo dopo aver svolto gli opportuni accertamenti, aver consultato gli organi pubblici in grado di fornire elementi utili ai fini della decisione e aver messo gli interessati in grado di esporre le proprie ragioni, con possibili effetti deflattivi sul piano dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali.