Venerdì, 22 Novembre 2024 13:03

Che genere di Europa è stata edificata?

Pubblicato in News

Di Emanuele Costa

Non è mai stata mia intenzione prendere posizione su un argomento così delicato, sensibile e toccante come quello che, in questo momento, riguarda l’immigrazione. Più che l’esigenza di voler, a tutti costi, inflazionare ancor più i commenti rilasciati da personaggi sicuramente più autorevoli e preparati di chi scrive, tenterò di soddisfare le numerose richieste che, sul tema, mi sono pervenute. Cercherò, quindi, di fornire un modesto contributo, che mi auguro possa risultare equilibrato, sperando, nel contempo, di suscitare qualche critica costruttiva volta ad accendere un coscienzioso dibattito su una materia di così ampia portata. Per chi ha vissuto, in prima persona, la caduta del Muro di Berlino e gli eventi storico-politici che hanno accelerato lo smantellamento della cosiddetta “cortina di ferro”, cui ha fatto seguito la dissoluzione del regime in vigore in quella che, una volta, era additata come Europa dell’Est, è pacifico che la memoria resusciti pensieri e ricordi di quell’incredibile ed indimenticabile periodo, con un distinguo rispetto al fenomeno attuale. All’epoca, infatti, più che una vittoria dell’Ovest sull’Est o, in alternativa, del libero mercato sulla collettivizzazione dei mezzi di produzione, si è vissuto ed affrontato un momento di euforia a braccia aperte, ben disposte a sviluppare una politica di accoglienza nei confronti dei popoli dell’Europa orientale in fuga, non da una guerra, ma da un regime che li aveva privati delle più elementari libertà fondamentali, ma anche costretti a vivere in condizioni di “povertà” rispetto alla ricchezza “drogata” dal debito dei popoli occidentali. Eppure, il ricordo è ancora molto limpido: sono indelebili le immagini di quelle “carrette del mare” stracolme all’inverosimile di persone che, dai paesi baltici affacciati sul Mediterraneo cercavano rifugio al di là delle proprie coste, così come è indimenticabile la macchina organizzativa messa in piedi per accogliere i “rifugiati europei” e la gara di solidarietà fra coloro che offrivano aiuto. Ma la storia, come sempre accade, tende ad insegnare il peggio e dimenticare l’esperienza migliore. Oggi, a fallire non è un sistema economico rispetto ad un altro, ma tutta quella cultura europea che, dal dopoguerra ad oggi, è stata costruita sul rispetto di ben determinati valori che, come d’incanto, si sono vaporizzati nell’egoistico benessere e materializzati nella “Grande Casa Comune Europea”. In altre parole, l’Europa sta dimostrando di non essere in grado di esportare quei principi culturali, solidali e umanitari che costituiscono un peculiare fattore critico di successo che le grandi potenze del pianeta non sono nemmeno in grado di immaginare, se non, come dice la parola stessa, manifestando nel peggiore dei modi la superiorità della loro forza. Che cosa è, quindi, cambiato nella cultura europea di oggi rispetto a quella dei primi Anni Novanta?

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