La medesima vicenda fiscale può essere oggetto, contestualmente, di un procedimento penale e di un procedimento amministrativo, ossia di un accertamento di imposta, destinato a sfociare in processo tributario.
Al netto del principio di specialità, per cui le sanzioni amministrative comunque irrogate non possono essere riscosse in pendenza del processo penale (art. 21 d.lgs n. 74/2000), vi è da considerare il rapporto tra il procedimento per l’accertamento delle imposte e quello penale, di accertamento dei reati. La fattispecie concreta, che rileva ai fini di entrambi i procedimenti, è essenzialmente la medesima: l’evasione di imposta.
Ebbene, la regola che informa i rapporti tra processo penale e procedimento e processo tributario è quella del doppio binario, per cui i due procedimenti/processi debbono procedere separatamente ed in autonomia, senza che si possa invocare alcuna pregiudizialità per sospendere l’uno o l’altro (art. 20, d.lgs n. 74/2000).
L’autonomia dei procedimenti, determina la reciproca irrilevanza dei relativi esiti nonché degli elementi fattuali e delle prove acquisite in ciascun contesto. Con la conseguenza, di risultati anche antitetici, come ad esempio la piena assoluzione in sede penale a fronte del riconoscimento della debenza totale del debito di imposta (quindi dell’evasione).
Prima della riforma introdotta dal D.Lgs. 87/2024, il sistema sanzionatorio penal-tributario, regolato dal D.Lgs. 74/2000, si fondava sul principio della piena e reciproca autonomia tra i due sistemi (penale e tributario) con l’esclusione di qualsiasi rapporto di pregiudizialità.
Ciò ha implicato talune volte che, pur vertendo su fatti comuni, i provvedimenti conclusivi dei due procedimenti fossero tra loro contraddittori, stabilendo, da un lato, la responsabilità penale per il reato tributario e, dall’altro lato, l ’annullamento della pretesa erariale, o viceversa.
Pertanto, la disciplina in tema di efficacia delle sentenze penali nel processo tributario era da rinvenirsi nell’art. 654 c.p.p., ai sensi del quale la formazione del giudicato penale non era direttamente invocabile nel processo tributario, poggiando i due processi su un sistema probatorio sostanzialmente diverso. In ogni caso, gli accertamenti delle circostanze fattuali compiuti dal giudice penale assurgevano ad elemento di prova o indizio in ordine ai fatti accertati penalmente e come tali potevano e dovevano essere oggetto di autonoma valutazione, quali elementi probanti in sede processuale tributaria;
La Legge delega per la riforma fiscale (Legge 9 agosto 2023, n. 111 in vigore il 29 agosto 2023.) all’articolo 20, co. 1, lett. a), n. 3), ha delegato il Governo a: rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario.
L’art. 1, co. 1, lett. m), D.Lgs. 87/2024 (c.d. Decreto Sanzioni) ha introdotto nel D.Lgs n. 74/2000 il nuovo articolo 21-bis, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione”, con il quale ha previsto che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento assume nel processo tributario efficacia di giudicato, in ogni
stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
In particolare, come chiarito in più occasioni dalla Corte di Cassazione, il nuovo art. 21-bis del D. Lgs. n. 74/2000, introdotto dal D.Lgs. n. 87/2024, si applica anche nei casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 87/2024 (ossia prima del 29 giugno 2024), purché, in tale data, sia ancora pendente il relativo giudizio tributario.
Infine, in evidente applicazione del principio di divieto di ne bis in idem, così come elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU, si è infine prescritto che quando, per lo stesso fatto è applicata, a carico del soggetto, una sanzione penale ovvero una sanzione amministrativa o una sanzione amministrativa dipendente da reato, il giudice o l’autorità amministrativa, al momento della determinazione delle sanzioni di propria competenza e al fine di ridurne la relativa misura, deve tenere conto di quelle già irrogate con provvedimento o con sentenza assunti in via definitiva. Ciò, onde evitare una moltiplicazioni delle sanzioni in concreto applicabili, in palese spregio sia dei principi di proporzionalità che del divieto del ne bis in idem.