Mercoledì, 03 Luglio 2024 01:15

I doveri informativi dell'Amministrazione finanziaria e le garanzie a favore del contribuente nel procedimento impositivo

Pubblicato in Economia e Diritto

Con l’espressione “controlli fiscali” ci si riferisce a quell’insieme di attività poste in essere dall’Amministrazione finanziaria finalizzate a verificare l’esatto adempimento degli obblighi, formali e strumentali, e delle obbligazioni (d’imposta, tributarie, accessorie e connesse) gravanti sui contribuenti o su terzi, al fine di assicurare il concreto ed effettivo soddisfacimento dell’interesse pubblico, l’attuazione del prelievo e la repressione dei comportamenti illeciti eventualmente compiuti.

Dalla mancanza di una disposizione di carattere generale sulla partecipazione del contribuente, potrebbe affermarsi che questa sia consentita attraverso singoli strumenti partecipativi previsti da disposizioni fiscali di carattere specifico.

Il Legislatore prevede due diverse tipologie per la partecipazione del contribuente al procedimento tributario. Da un lato ci sono quelle forme di partecipazione di carattere “collaborativo” che collocano l’intervento del contribuente nel corso dell’attività istruttoria in funzione della raccolta di elementi conoscitivi da parte dell’Amministrazione: in tale ipotesi, il coinvolgimento del contribuente viene richiesto al solo fine di fornire elementi che lo stesso contribuente è tenuto a fornite sotto pena dell'irrogazione di sanzioni amministrative.

Una seconda tipologia di forme di partecipazione ha carattere “difensivo” e di norma si colloca nella fase procedimentale della decisione o, in ipotesi, dopo l’emanazione dell’atto finale, caratterizzandosi per la semplice facoltà di intervento del contribuente e per la previa comunicazione da parte dell’Amministrazione al contribuente delle conclusioni da questa provvisoriamente raggiunte.

Lo Statuto del Contribuente (L.212/2000) ha introdotto nell’ordinamento alcuni importanti istituti partecipativi, in chiave difensiva, nel rispetto del principio di buona fede e di collaborazione tra contribuente e amministrazione ( art. 10 bis, comma 6 L. 212/2000; art. 6 comma 5, L. 212/2000; art 38, comma 7 d.p.r. 600/1973; artt. 36 bis, comma 3 e 36 ter, comma 4, d.p.r. 600/1973).

Sempre in un’ottica difensiva si colloca l’art. 12, comma 7, L. 212/2000, che consente al contribuente di comunicare “osservazioni e richieste” entro sessanta giorni dal processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo.

Per la Corte di Giustizia UE (sentenza 18 dicembre 2008, C-349/07, Sopropè) l’esistenza di un diritto generalizzato al contraddittorio discende dal diritto di difesa che va tutelato anche nell’ambito del procedimento amministrativo. In particolare, “il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo. In forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione”.

Secondo la giurisprudenza dell’UE, la violazione del contradditorio rende annullabile il provvedimento adottato “soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale provvedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso” (Corte di Giustizia, 3 luglio 2014, C-129/13 e C-130/13, Kamino).

L’art. 41 della Carta di Nizza prevede espressamente “il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei sui confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio”. Trattasi di norma attributiva di un vero e proprio diritto ad una “buona amministrazione” non solo direttamente azionabile, ma anche suscettibile di ricadute all’interno del diritto tributario non armonizzato (Iva, accise, dazi doganali), atteso che l’art. 1, L. 241/1990, come modificato dalla L. 15/2005, dichiara applicabili i principi di origine europea a tutti i procedimenti amministrativi nazionali, e dunque, anche a quelli di natura tributaria. E del resto, la stessa giurisprudenza di legittimità ha evidenziato la necessità di interpretare il diritto nazionale in conformità al diritto unionale, affermando che “il principio generale del diritto comunitario secondo cui il soggetto destinatario di un atto della pubblica autorità suscettivo di produrre effetti pregiudiziali nella sua sfera giuridica, deve essere messo in condizione di contraddire prima di subire tali effetti, non può tollerare discriminazioni in relazione alla natura armonizzata o meno del tributo” ( Cass., 406/15).

Tutte le suddette fattispecie sono connotate da un comune denominatore, che è quello di essere dirette all’instaurazione del contraddittorio con il contribuente in un momento del procedimento intermedio tra la fase istruttoria e quella della decisione, con l’evidente scopo di consentire al contribuente di apportare elementi conoscitivi in funzione difensiva affinché l’ufficio li valuti al fine della decisione da assumere, ivi compresa una definizione concordata della pretesa.

 

 

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