Essere accolti da una folla esultante, che urla eccitata, impaziente e frenetica il proprio nome che rimbomba nello stadio - si sa - è il sogno di ogni personaggio con un minimo di fama, una tacca da aggiungere alla cintura della popolarità. Chissà se anche papa Francesco ha mai fatto un simile sogno ad occhi aperti. Ad ogni modo, lui c'è riuscito. Sabato 25 marzo, infatti, il Pontefice ha incontrato circa ottantamila ragazzi tra i 12 e i 15 anni, con catechisti, genitori, sacerdoti, religiosi provenienti dalle oltre 1.100 parrocchie della diocesi di Milano. Un incontro che rinnova la lunga tradizione diocesana dei cresimandi, i quali ogni anno incontrano l'arcivescovo allo stadio per una giornata di festa e riflessione. La lunga giornata di Francesco lo ha porta attraverso la diocesi milanese, a bordo della sua fidata papa mobile, tra le Case bianche in periferia, in carcere a San Vittore, in piazza Duomo, nel bagno di folla a Monza, fino ad arrivare allo stadio San Siro alle 17,45 circa. Urla di gioia, un boato e applausi interminabili hanno aperto l'incontro, del quale il Pontefice aveva già dato qualche anticipazione. Aveva preannunciato, infatti, che avrebbe risposto a tre domande, poste rispettivamente da un giovane cresimando, da un genitore e un educatore. Tutto ciò ha scaldato ancor più gli animi già agitati dei fedeli. Nell'era in cui tutto è digitale, ovviamente anche un atto di fede antico quanto il mondo non poteva non diventare virale: ogni momento della giornata è stato documentato attraverso foto, post, tweet e cinguettii vari dai protagonisti più social dell'evento - i giovani - nonché dagli stessi esponenti della Chiesa. Eppure, nonostante quello che va nell'etere resti fisso e incancellabile, ciò che davvero sembra essere rimasto scolpito - questa volta nel cuore - sono le parole del Pontefice. Parole semplici, rivolte ai fedeli ma anche a chi con la fede non sempre va d'accordo. Parole universali, evocatrici di immagini e sensazioni sempiterne. Varie sono le tematiche affrontate nell'incontro: Papa Francesco si è rivolto ai ragazzi, ma anche a genitori ed educatori, aiutandoli nella difficile sfida di crescere una generazione pulita, forte e coraggiosa, che non affronti le avversità di un mondo che schiaccia ricambiando con la stessa violenza. Ai genitori ha detto: "Quando litigate, i bambini soffrono. Si accorgono di tutto. […] Abbiate cura dei bambini. Abbiate cura del loro cuore, della loro gioia, della loro speranza. […] Quello che si semina nella mente e nel cuore rimane per sempre". Agli educatori - genitori, catechisti e non solo - consiglia una "educazione basata sul pensare, sentire e fare". Non serve educare solo l'intelletto, servono anche il cuore, le mani. E la presenza. Quella che i figli richiedono urlando spesso con la voce della violenza. A tal proposito, infatti, ammonisce i giovani: "C'è un fenomeno brutto che mi preoccupa: il bullismo, state attenti. Nel vostro quartiere c'è qualcuno a cui voi fate beffa?", ha concluso invitando al silenzio gli 80mila ragazzi a San Siro. "Questo si chiama bullismo. […] Fate la promessa che mai lo farete né che si faccia nella vostra scuola o nel vostro quartiere. Promettetelo a Gesù". ad una tale richiesta ha ottenuto dai giovani un forte sì, urlato - almeno per questa volta - non per rabbia ma con gioia.