Venerdì, 22 Novembre 2024 07:45

Ciao mamma, guarda che non mi diverto su Facebook

Pubblicato in Società

Anni fa, per debuttare in società si doveva aspettare la maggiore età. Ora, per debuttare nel mondo dei social, non occorre nemmeno essere nati; il lancio nella società virtuale può avvenire già dal grembo materno o dalla lastra di un'ecografia. E vince chi riceve più like. Negli Stati Uniti la maggior parte dei bambini di due anni (più del 90 per cento) ha già una presenza online. E la percentuale dei neonati supera l'80 per cento. In Inghilterra uno studio ha dimostrato che ogni bambino, già solo nel primo anno di vita, appare mediamente in circa 195 foto postate sul web. Prima che compia 5 anni quello stesso bambino è protagonista almeno di 973 scatti. La privacy è qualcosa che ognuno gestisce e cura come vuole, ma un bambino non ha questo potere. E, a un certo punto, superata l'infanzia questi bambini si accorgeranno di come la loro identità - social e non - sia stata spesso già delineata dai genitori. Si aggiunge, inoltre, un altro importante elemento: tutto quello che viene pubblicato su internet può essere cercato e condiviso per molto tempo; innumerevoli sono dunque i pericoli legati alle informazioni che si inseriscono su internet, le quali possono esporre i bambini a furti d'identità, uso di alcune foto in siti non autorizzati, dediti ad attività illecite o addirittura a pedo - pornografia. Ovviamente non c'è malafede da parte dei genitori, ma incoscienza per le conseguenze che certe condivisioni possono avere nel tempo. Ne è un esempio l'episodio riportato nello studio "Sharenting: children's privacy in the age of social media", che sarà pubblicato nella primavera del 2017 sull' "Emory law journal": Stacey Steinberg - insegnante di legge al Levin college of law dell'università della Florida - racconta l'episodio di una blogger che ha pubblicato le foto dei suoi gemelli mentre imparavano a usare il vasino. La blogger ha poi scoperto che degli sconosciuti avevano avuto accesso alle foto, le avevano scaricate, modificate e condivise su un sito usato da pedofili. Gli ammonimenti arrivano anche dalla Francia, dove un articolo pubblicato su "Le Figaro" avvisa mamme e papà che condividere sui social immagini dei propri piccoli senza il loro permesso può portare a denunce da parte dei loro stessi bambini - una volta diventati adulti - per violazione della privacy, con una sanzione di 45mila euro e un anno di carcere. Forse il caso è estremo, ma il dibattito sulla vicenda appare forte in ogni parte del mondo. Qualche mese fa, infatti, anche la Polizia Postale Italiana ha lanciato un monito alle mamme chiedendo di non pubblicare foto; nel nostro Paese, inoltre, il pericolo di azioni legali contro i genitori "social" è concreto. Nel 2013, per esempio, una sentenza del tribunale di Livorno ha ordinato ad una mamma di cancellare tutte le foto della figlia minore dalla sua pagina Facebook. Numerose sono le norme relative alla questione privacy: dall'articolo 23 - il testo unico sulla privacy secondo cui il trattamento di dati personali è ammesso soltanto con il consenso espresso dell'interessato - passando per gli articoli 96 e 97 della legge sul diritto d'autore, fino alla Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo, la quale considera la privacy un diritto fondamentale dell'essere umano. Certo, oggi la condivisione ha i suoi vantaggi, può far sentire vicini amici e familiari lontani, ma tira in ballo la delicata questione dell'autonomia e del senso di identità in bambini in via di sviluppo, nonché il loro diritto, in quanto esseri umani, a dire di no. Oltre a questioni legali, dunque, tale fenomeno chiama in causa anche questioni etiche, morali, educative e psicologiche. E' giusto rendere pubblico ogni dettaglio della propria vita o sarebbe utile insegnare ai propri figli il valore dell'intimità? E' giusto decidere di mostrare al mondo la vita di un altro essere umano senza che questi possa davvero essere parte attiva di questa decisione? Forse questo accanimento è un po' troppo eccessivo, è vero. Forse sarebbe meglio occuparsi prima dei genitori e del loro attaccamento alla tecnologia, a volte più forte anche di quello verso i propri figli. Un'ossessione che li porta a fare video e foto di qualsiasi momento significativo, prima ancora di provare a viverlo appieno, col cuore e non con una fotocamera. Forse sarebbe utile prima recuperare con i bambini un rapporto più diretto e autentico. E poi - magaripensare a pubblicare la foto su Facebook.

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