Giovedì, 28 Novembre 2024 01:34

Salute, Idrocefalo

Pubblicato in Salute

Il termine "idrocefalo" definisce una grave malattia contraddistinta dal patologico accumulo di liquor nello spazio subaracnoideo e nei ventricoli cerebrali (il liquor è quel fluido limpido ed incolore permeante il sistema nervoso centrale, che protegge cervello e midollo spinale da eventuali traumi). La patologia si manifesta quando la pressione esercitata dal liquido cerebrospinale aumenta esageratamente: in tali circostanze, il paziente corre il rischio di subire danni cerebrali anche gravi. Riversandosi, il liquor in eccesso, nello spazio meningeo, il volume cranico tende ad aumentare. Dati statistici attestano una più frequente incidenza in età pediatrica (condizione patologica primitiva), considerando che la variante congenita affligga 3 bambini ogni 1.000 nati sani. Quali sono i sintomi che possono allertarci preventivamente? Nel neonato andrebbero, anzitutto, valutati: aumento della circonferenza cranica, epilessia, convulsioni, dolore al collo, inappetenza, obesità, pubertà precoce, variazioni dell'umore e vomito. Nel bambino di età superiore ai 2 anni si denotano: alterazione dell'umore, deficit delle capacità cognitive/mnemoniche, febbre, letargia, incontinenza intestinale/ vescicale, spasmi e sintomi simil-parkinson. La diagnosi consiste nell'attenta valutazione clinica e nell'utilizzo di svariate indagini strumentali: anamnesi, esame fisico generale, test neurologico, oltre a test di imaging comprendente la risonanza magnetica cerebrale, l'ecografia cerebrale, la tomografia computerizzata, l'arteriografia ed il rivelamento della pressione endocranica. Un idrocefalo non curato risulta, spesso, fatale entro i primi 4 anni di vita; richiede, quindi, cure tempestive, da porre in atto immediatamente dopo l'accertamento diagnostico: così facendo, è possibile ridurre al minimo il rischio di complicanze. Cominciando un percorso terapeutico prima di un aggravamento del quadro clinico del paziente, infatti, è possibile prevenire danni irreversibili al cervello; le prospettive di vita sono buone. Il trattamento per l'idrocefalo è esclusivamente chirurgico: in base alla gravità, allo stato di salute generale del paziente ed alla causa scatenante, è possibile avvalersi di uno dei tre interventi possibili:

  1. SHUNT CHIRURGICO: il più comune in assoluto. Consiste nell'inserimento chirurgico di un sistema di drenaggio, chiamato shunt. All'intervento potrebbero far seguito una serie di complicazioni: un malfunzionamento meccanico od un'infezione potrebbero mandare in tilt il sistema, interrompendo pertanto il corretto drenaggio. In caso d'infezione, è necessaria una cura antibiotica.
  2. VENTRICOLOSTOMIA: si tratta di una complessa procedura chirurgica riservata ad un ristretto numero di pazienti. Avvalendosi di una microcamera, il chirurgo pratica un piccolo foro in uno dei ventricoli cerebrali (o tra due ventricoli), consentendo così il passaggio del liquor al di fuori del cervello. Con il trascorrere del tempo, il foro intraventricolare potrebbe chiudersi: in simili circostanze, i sintomi dell'idrocefalo ricompaiono.
  3. CAUTERIZZAZIONE, meno frequente, o rimozione di porzioni cerebrali producenti il liquor. Dopo ogni qualsiasi trattamento, il paziente dovrà sottoporsi, costantemente, a controlli di routine, per gestire i sintomi della malattia ed eventuali complicanze.