In questi giorni il Ministero della Sanità, con specifici provvedimenti e “linee guida” ha avviato la “stretta” sugli esami specialistici che, com’è noto, sono prescritti dal medico curante per le diagnosi finalizzate alla cura di patologie.
In buona sostanza il Governo ha messo le mani avanti: onde avviare un “risparmio “della spesa sanitaria, che soprattutto in Campania ( una delle Regioni sottoposte al rientro della spesa sanitaria) ha pensato bene di sottoporre a questa “stretta”, tra le altre figure professionali sanitarie, il povero medico di medicina generale che, dall’oggi al domani, si vede così “ mortificato” nelle sue specifiche competenze professionali e sottoposto ad una valutazione del suo operato e che lo vedrà inesorabilmente oggetto di un eccessivo “controllo” da parte dell’Azienda Sanitaria Locale a mezzo dei suoi organi ( Direttore Sanitario del Distretto nella cui circoscrizione ove opera e nel quale ha lo Studio).
E questa “stretta”, inesorabilmente, si risolverà con altri disagi al c.d. “cittadino-utente”, al paziente, il quale già afflitto dai lunghissimi “tempi” necessari per una visita specialistica, per un esame, vede così mortificato o comunque ridimensionato il rapporto fiduciario con il proprio medico curante.
Quella del medico di medicina generale, del c.d. “medico di famiglia”, è una figura prevista dalla L 833/1978 ( Riforma Sanitaria) che trae le sue basi proprio sul rapporto-fiduciario che si viene a creare tra il professionista e l’assistito: il medico diventa un soggetto “indispensabile” nel percorso di prevenzione e cura delle patologie, un primo presidio cui rivolgersi e dal quale “si parte” per gli eventuali ed opportuni approfondimenti diagnostici.
In buona sostanza il cittadino sceglie il proprio medico di medicina generale recandosi alla ASL presso la quale, da specifici elenchi, si estrapola il nominativo del medico e lo si assegna al richiedente: da questo momento si “crea” il rapporto fiduciario e il professionista, oggi fornito anche dei più
sofisticati sistemi informatici, sarà in grado di seguire il paziente dal punto di vista sanitario.
Con un semplice “click”, ad una visita successiva, sarà in grado di sapere quali patologie ha diagnosticato precedentemente, quali le cure prescritte,
quali gli esami o i ricoveri disposti.
Insomma un continuo “monitoraggio” sulle “nostre” condizioni di salute!
E proprio sull’esatto valore da dare al c.d. “rapporto fiduciario” la giurisprudenza anche di legittimità è intervenuta pronunciandosi più volte ed “elaborando” il significato del sinallagma: con la diretta conseguenza che si è “responsabilizzata” e “gratificata” la figura del medico e dall’altra il cittadino-utente-paziente- è oggi consapevole dei propri diritti ad ottenere una assistenza sanitaria ai massimi livelli.
Come detto con gli ultimi provvedimenti che già hanno scatenato un mare di polemiche questo rapporto ne esce incrinato: lo spauracchio della “appropriatezza prescrittiva” toglierà il sonno e pure la ..salute al povero medico che così… sognerà.. o il Direttore Sanitario che gli richiederà ragione sulla necessità di quel particolare esame, del perché “prescritto”, e che istituzionalmente potrà pure sottoporlo a procedimento anche di tipo disciplinare per la inappropriatezza della prescrizione sanzionandolo economicamente, o addirittura… sognerà la Corte dei Conti.. che un giorno, appunto, potrà chiedergli “conto” sul proprio operato!
A questo punto io credo che una serena riflessione vada assolutamente avviata, pur apparendo chiaro che il medico dovrà attenersi obbligatoriamente ai rigidi criteri fissati dal Ministero, seppure con le immaginabili conseguenze che di qui a poco si diranno, anche in rapporto alla ulteriore circostanza che le predette misure restrittive sono previste anche nella ulteriore logica di dover “colpire” un altro fenomeno: la prescrizione indiscriminata di esami diagnostici, da parte del medico, onde “coprire” responsabilità di tipo professionale.
Con questi provvedimenti si è colpevolizzata la figura del medico di medicina generale, facendo ricadere i possibili ”disastri” di errori del passato, di natura prettamente politica e che hanno prodotto i ben noti “buchi”, sull’inerme professionista, che ne esce anche mortificato, come si diceva, nella sua professionalità e nel suo giudizio correlato alla necessità o meno di un approfondimento diagnostico, sottoposto ad una “valutazione”
da parte di soggetti “estranei” a questo rapporto con il proprio assistito : in buona sostanza si produrrà una situazione in cui al professionista si richiede una immediata diagnosi senza un supporto di tipo diagnostico o che, se tale supporto sia assolutamente necessario, che questo sia “appropriato” alla
patologia e rientrante nell’alveo di specifici elenchi.
In una situazione paradossale laddove appare del tutto chiaro che anche l’evolversi di una malattia obbliga a dei protocolli diagnostici che troverebbero un ingiustificato tentennamento, nell’applicarli e quindi nel
prescrivere questo o quell’esame, nel timore, per il medico, di incorrere nelle paventate conseguenze.
Ed allora viene spontaneo pensare che vi saranno paradossali situazioni da fronteggiare e che il tutto si tradurrà, da una parte, in una limitazione della professionalità del medico al quale è impedito il diritto/dovere di lavorare secondo “scienza e coscienza”, dall’altro si tradurrà in un danno per il paziente che sarà così costretto, in taluni casi, a rinunciare all’assistenza pubblica.
Ed è auspicabile che si trovino serene e condivise soluzioni che contemperino le esigenze di rispetto della spesa sanitaria, con la dovuta e doverosa assistenza al paziente, ma che in primis salvaguardino anche la professione medica: è impensabile una “ingerenza” in scelte, quelle mediche, che appare evidente nulla hanno a che fare con gli sprechi.
Ogni altro fenomeno o abuso va individuato con i giusti strumenti ma non colpevolizzando, e lo si ripete, il povero medico.
Pietro Manzella