Che il Governo a guida Renzi ci avesse abituato alle mancette da 80 euro, è noto a tutti, ricordiamo il Decreto Legge in prossimità del voto referendario che, ancora una volta dopo le precedenti, regalava 80 euro ad alcune categorie di lavoratori, somma stanziata a detta di molti critici, per veicolare l’espressione del voto a favore del volere governativo, ma cui gli Elettori in massa si sono sottratti bocciando Governo e Referendum.
E’ di questi primi giorni del mese di Giugno, voluta fortemente da questo Governo non più materialmente a guida Renziana ma di identica composizione e con il fine di lottare apparentemente contro la povertà, il varo di un Decreto Legge che distribuirà ad i poveri una paghetta che avrà come massimo un importo di 400 euro, con una copertura circa 2 miliardi di Euro e quindi se tutto va bene, ne potranno usufruire un massimo di 600 mila poveri a fronte degli oltre 4,5 milioni di poveri assoluti secondo i dati Istat aggiornati al 2016.
Ci chiediamo come saranno scelti i poveri aventi diritto e se, anche in questo caso il diritto alla paghetta avverrà tramite sorteggio, sinonimo di lotteria, come impietosamente e vergognosamente stiamo assistendo con l’assegnazione delle unità abitative nelle zone terremotate.
Una norma che certamente aiuta un minimo e per un brevissimo periodo di tempo i poveri, ma che drammaticamente li fa ricadere in uno stato di disagio peggiore e per di più toglie la dignità a chi ne usufruisce inducendolo alla depressione.
La povertà oggi non è causata dal licenziamento casuale o accidentale, come avveniva un tempo e dove poi vi era la possibilità di un facile reinserimento nel mondo lavorativo e produttivo, oggi la povertà è causata da una totale assenza di lavoro e di posti di lavoro a qualsiasi livello, per cui finendo il periodo di 18 mesi, cui si ha diritto al sussidio per chi ha la fortuna di “vincere”, ritorna ad essere allo stato di povertà assoluta, fermo restando che difficilmente 400 euro possono soddisfare le condizioni di sostentamento.
Abbiamo assistito alla chiusura di migliaia di aziende, piccole e grandi, al depauperamento delle nostre principali attività produttive, con relativi continui licenziamenti, alla esternalizzazione fuori Italia di quasi tutto il tessuto industriale, certamente per fattori fiscali, economici e burocratici perduranti nel tempo.
Così come le aziende, tutta la piccola e media impresa, che da sempre crea un indotto ed un reddito per milioni di famiglie, ha subito e continua a subire una forte battuta di arresto nella crescita, creando dei dissesti talmente macroscopici che oggi spariscono quotidianamente centinaia di aziende e relativi posti di lavoro.
Questa pressione fiscale e burocratica che oramai ha superato ogni livello di guardia ed è diventata insostenibile e non contribuisce a nessuna possibilità di ripresa, anzi aumenta la morte delle pochissime aziende rimaste che chiudono sempre più con maggior velocità e progressione.
Basta fare qualche passeggiata in quei centri industriali, dove una volta si vedevano grandi capannoni industriali pieni di lavoratori mentre oggi si vedono gli stessi diroccati, per evitare di pagare la tassa sui capannoni, e squallidamente deserti.
Drammaticamente tutto questo è confermato costantemente da tutte le rilevazioni statistiche, ufficiali e non.
Il continuo aumento della disoccupazione ha raggiunto livelli mai registrati e nonostante tutte le convinzioni di alcuni politici, sono sempre in crescita e non lasciano presagire in Italia nessuna previsione positiva senza una concreta politica di pianificazione industriale .
Disoccupazione che colpisce sia i giovani, che hanno in Italia poche possibilità di trovare la prima occupazione, non a caso oltre centomila giovani l‘anno sono costretti ad andare in altri paesi per trovare lavoro, ma anche le persone di una certa età che dovrebbero avere una certa stabilità lavorativa perché prossimi a quello che dovrebbe essere per loro il periodo di fine lavoro in prossimità della pensione.
E’ un allarme che è stato lanciato per la prima volta, dove i disoccupati cinquantenni hanno superato il numero dei disoccupati giovani, ed è un allarme che deve far riflettere attentamente.
In qualsiasi famiglia quando colui che per definizione viene considerato il capofamiglia, perde il lavoro dà l’avvio al processo che poi sfocia alla povertà in quanto viene a mancare la principale fonte di sostentamento.
Complessi meccanismi si innescano e coinvolgono tutto il nucleo familiare, in un già complessa situazione dovuta alla crisi economica che vede il vacillamento della solidità economica familiare al manifestarsi della piccola spesa imprevista, la multa, la spesa per il medico, o la riparazione da effettuare a casa, in auto ecc.
A nulla serve quindi il reddito di inclusione se prima non si mettono a regime delle riforme tali a rendere appetibile la ripartenza dell’economia con la creazione di posti di lavoro attraverso una riforma fiscale che non penalizzi più le aziende ed il lavoro, come avviene oggi in Italia.
Invece questi ultimi Governi compreso l’attuale, stranamente non eletti dal popolo ma imposti da chi forse non si è reso conto che le proprie ideologie hanno stravolto e impoverito grandi Nazioni, incuranti del volere e delle esigenze di una Nazione come l’Italia che ha tutto il diritto ed il dovere di crescere, continuano sempre più a sottomettere con dazi, tasse e balzelli, spegnendo sempre più la legittima speranza degli Italiani di tornare ad essere un popolo fiero e dignitoso pieno di inventiva e capace di esportare la propria produttività indiscussa.
Gli Italiani hanno già dimostrato che non hanno bisogno di caramelle, che li renderebbero schiavi del sistema e sottomessi al volere di pochi, ma vogliono e pretendono lavoro serio ed onesto.
E’ passato il tempo di quando gli Americani entrando nelle città alla fine della guerra, lanciavano le caramelle, I signori Governanti facciano un passo avanti e si liberino di quegli stereotipi che esse stessi hanno voluto creare illudendosi di essere i possessori del Verbo, e comincino a guardare ed ascoltare le sofferenze del popolo.