"Merde"! Questa espressione amara, che rese famoso il Generale napoleonico Cambronne al momento della sua resa nella battaglia di Waterloo, è una perfetta sintesi - dopo la disfatta del 4 dicembre per il prode Matteo Renzi, evangelista di sé stesso. Quali novità ci porterà la sua perenne natura di "Rieccolo", che mai attenderà la chiamata della Patria per rifarsi avanti? Lui, come ben tutti sanno, la spina dorsale del Cincinnato proprio non ce l'ha. Gioca (male) a calcio, tuttavia. Quindi, pratica ordinariamente l'enjambée (o gamba tesa) per mancanza di un buon coordinamento nei suoi movimenti. Ora, però, si apre una partita durissima su un terreno di gioco che non gli è congeniale, dovendo passare da un ruolo di centravanti a quello del paziente tessitore. E dovrà affrontare il tutto da futuro Segretario del Partito di maggioranza relativa. Pertanto, per fare l'ulteriore salto e riconquistare Palazzo Chigi ha assoluto bisogno di una squadra nuova di zecca (dove prevalga il talento e non la fedeltà al capo!) e di una chiara strategia di gioco. Partiamo dal primo punto, perché senza alfieri e torri si perde a tavolino, ancora prima di iniziare a giocare. Dunque, in primo luogo sarà necessario rinunciare alle suffragette- veline bellocce e aggressive, che recitano lezioncine preconfezionate fatte con lo stampino, per inondare di urla manzoniane e di arroganza renziana i vari talk-show di cui per anni sono state le protagoniste indiscusse. Idem per gli uomini, che hanno fatto le stesse cose mostrando perennemente i loro faccioni indisponenti in tutti i telegiornali e programmi di intrattenimento. Quindi, per le prime, da sostituire, bisognerà estrarre dal cilindro le possibili emule, o eredi, di Merkel, Marine (meglio, Marion, la nipote) Le Pen, di Hillary e di Teresa (May). Per la componente maschile, direi di guardare a Calenda e Gentiloni, perché in Europa serviranno quelli tosti e astuti, che fanno meno discorsi in politichese e praticano le cose pratiche per carattere, mestiere e convinzione. Veniamo ora al secondo aspetto: quello delle alleanze interne tra Partiti, che non vanno raffazzonate "dopo", bensì "prima" delle elezioni generali. E qui le Colonne d'Ercole sono note a tutti: bisogna scegliere tra le mille alternative possibili per la fissazione di chiare regole del gioco, attraverso l'approvazione di una decente legge elettorale. Quest'ultima la si può fare dentro, o fuori dalle aule parlamentari. Ma, certamente, non più nei caminetti e attraverso gli intrallazzi tra capi di Partito. E nemmeno si può minimamente pensare di continuare a scegliere la classe politica con liste bloccate e cooptazioni dall'alto, come avviene quando non si ha più una forte rete territoriale strutturata e tutto dipende dal capo indiscusso. Non si può più fare, perché c'è bisogno di un'investitura popolare molto forte per affrontare il dramma della globalizzazione, partendo dalla chiarissima convinzione che la Grande Germania ha un euro svalutato da giocare, mentre noi ne abbiamo uno supervalutato, che sta uccidendo la nostra economia ben prima del 2008. Per dire "No" al Fiscal compact da inserire nei Trattati ci vuole ben altro che la grinta renziana, ennesima tigre di carta come si è avuto modo di verificare in altre delicate situazioni. Quindi, non c'è che una via di uscita: prima ancora di un programma di pie intenzioni, il Pd neo-renziano (privo dei frondisti della sinistra doc) deve mettere nero su bianco la sua proposta di legge elettorale e spiegarla molto bene al Paese, in modo da costringere tutti gli altri, soprattutto i Cinque Stelle, a giocare a carte scoperte. Lo sappiamo tutti: senza un chiaro vincitore, il giorno dopo le elezioni, precipiteremmo l'Italia nel solito caos di ricatti e di alleanze precarie di governo, in cui nessuna riforma strutturale dell'economia, del lavoro, dello Stato sociale e della Costituzione potrà mai essere pienamente realizzata. Perché, poi, un ennesimo Re-Travicello non troverà credibilità, ascolto e attenzione da parte dei vari Junker, Merkel e Macron per la modifica dei Trattati e, soprattutto, per estrarre dal nostro Tallone d'Achille geografico la spina velenosa dell'immigrazione fuori controllo. "Hic Rhodus, hic salta".