Che la nostra sia una società fatta di estremi e antipodi è ormai noto a tutti. Ciò che probabilmente ai più sfugge, è l’ennesima contraddizione sociale che, stavolta, forse tanto patologica non è.
Se da un lato, infatti, le notizie di cronaca ci informano sul continuo uso e abuso di sostanze stupefacenti e alcoliche tra i più (e meno) giovani, dall’altro tra le stesse notizie ne ritroviamo una parecchio singolare, quanto di “tendenza”: stiamo parlando della moda dei “sober parties”.
Il nome già dice qualcosa su queste “feste sobrie”, ossia eventi alcool free che stanno conquistando i giovani under 25 di tutto il mondo.
Il bere alternativo sembra ormai essere la nuova moda che dilaga in America, Australia ed Europa. Questo sano e nuovo –ma nemmeno poi tanto- modo di divertirsi, si ispira al “teetotalisme movement”, nato sin dai primi dell’Ottocento per salvaguardare e tutelare le generazioni dall’abuso di alcool. A Londra, a Stoccolma, a New York e a Sidney sono nati pub, locali e bar che promuovono e sostengono questo modello culturale, organizzando serate che si spera siano piacevoli non solo perché è l’alcool a renderle tali.
C’è da dire che, nonostante la cronaca sembri affermare il contrario, forse il modello culturale sta davvero cambiando: bere alcool non viene più associato all’essere trasgressivi o all’avere successo. Al contrario, i giovani sembrano più consapevoli che, chi beve, in realtà sta vivendo ed esprimendo un disagio, con la drammatica conseguenza che spesso tali soggetti vengano addirittura emarginati dal gruppo, in quanto elemento disturbante e perturbante.
In una ricerca dell’università di Sidney, gli analisti hanno fatto arrivare messaggi personalizzati su Facebook a un campione di studenti universitari del primo anno, chiedendo notizie sul loro comportamento riguardo il consumo di alcol e dando informazioni circa le conseguenze fisiche e sociali del fenomeno: i risultati hanno dimostrato che chi ha ricevuto il feedback, in media, ha dimezzato il consumo di bevande alcoliche da 40 a 20 al mese.
I social network hanno un ruolo centrale anche per la diffusione di questi “alcool-free events”: sono nate addirittura app per gestire appuntamenti, sottoscrivere regole di comportamento e anche fare business con questa modalità.
Clean Fun Network ne è un esempio: è sito web fondato dall’imprenditore Jimmy Hamm che riunisce la sober community. C’è anche una app mobile che permette agli iscritti di organizzare incontri nella propria città in locali in cui, laddove prima si bevevano canonici distillati o cocktail, oggi si può trovare una selezione di attività alternative, quali ping pong, biliardino, tornei di scacchi, di dama e Scarabeo, che si rivolgono a chi ha meno di 30 anni.
A Stoccolma si sottoscrivono addirittura dei “manifesti” nei club nei quali ci si diverte sobriamente. A Södra Teatern, nel quartiere Södermalm che è tra i più gettonati dai giovani svedesi, per entrare è obbligatorio un test all’etilometro che deve risultare negativo, in caso contrario si viene gentilmente allontanati.
Ancora, Catherine Salway, proprietaria di un bar a Notting Hill chiamato in maniera provocatoria “Redemption”, ha cercato di attrarre i giovani verso tale pratica proponendo loro una sfida: “siete in grado di divertirvi, rilassarvi, essere voi stessi senza ubriacarvi?”. Cosa che, con ogni probabilità, è forse ciò che più terrorizza i giovani d’oggi, spingendoli ad annegare se stessi in uno o più bicchieri di vodka.
Essendo però la nostra società nota, oltre che per le innumerevoli contraddizioni, anche per la perenne insoddisfazione, non potevano mancare le polemiche: da un lato, c’è chi spera che tale tendenza si diffonda anche in Italia, dall’altro c’è chi la considera un ritorno al vecchio proibizionismo degli anni ’20, o chi si chiede dove sia finita la fiducia nelle capacità individuali di autocontrollo.
Lasciare che ci si ubriachi per divertirsi oppure demonizzare l'alcool? Questo è il dilemma.
Per trovare una via d’uscita, più che risalire alle teorie ottocentesche, forse dovremmo andare ancora più a ritroso e ricordarci che secondo i latini “in medio stat virtus”: eliminare gli estremi appare dunque difficile, quanto controproducente. Guardare l’ampio ventaglio di opportunità – con curiosità o con scetticismo, a voi la scelta- attendendo i risultati di tali proposte, resta probabilmente la scelta più saggia.
MEOLA ROSA