Giovedì, 21 Novembre 2024 22:08

Normalizzare l’Islam

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Se ci chiediamo chi sono gli islamici moderati, dovremmo domandarci chi siano analogamente i cristiani moderati. Le due religioni si reggono su altrettanti libri. Solo che il primo fa proselitismo anche con il taglio delle teste degli infedeli; l’altro, invece, suggerisce di convincere il prossimo nostro a convertirsi attraverso la parola e l’esempio di fede. Quindi, volendo, come si fa a dire che il primo si può normalizzare a partire dal secondo? Un po’ è come quando si parla di immigrazione buona o cattiva. Gli uomini sono entrambe le cose. I concetti astratti, invece, non lo sono mai. Allora, come ci ne usciamo a questo punto? Facendo i seri. Prima domanda: “Chi sono i fondamentalisti kamikaze e dove vogliono arrivare, in realtà? Che cosa interessa a quella gente così spietata? Il potere, il denaro, la terra? Che cosa?”. Un filosofo “razionalista” indiano dava la seguente risposta semplice e folgorante alla questione di fondo islamica: “La distanza che separa lo Stato dalla Chiesa è la misura dello spazio in cui si esercitano le libertà individuali”.
Ora, questo spazio è praticamente nullo nella “Sharjia”: la legge islamica, per cui nella visione dei puristi ¬- in base a una presunta interpretazione letterale del Corano - il potere temporale è inscindibile da quello spirituale. E la cosa non è davvero banale, perché per il fondamentalismo i diritti degli individui non sono regolati da norme scritte modificabili, ma sono stabiliti una volta per tutte dal libro sacro. E noi occidentali, non c’è che dire, ci stiamo proprio stretti in una cosa così. Chiaro che, a questo punto, una visione premedioevale dei rapporti sociali sul ruolo della donna, nonché sulla libertà di religione e di espressione, non lascia spazio alcuno al dialogo tra fondamentalismo e illuminismo. La nascita degli stati-nazione occidentali ha segnato storicamente la netta separazione tra potere temporale e quello spirituale, riservando il magistero della Chiesa alla sola “amministrazione” delle anime, a conclusione e coronamento di un lungo e sofferto cammino storico, denso di conflitti e durato molti secoli, a partire dalla caduta dell’impero romano. Ora, c’è davvero un fondato il rischio che il fanatismo islamico possa rivelarsi come il vero boia dell’Occidente? Se fosse così, allora lo sarebbe per colpa soprattutto di quel morbo inguaribile del relativismo contemporaneo, che rende il nostro mondo, di fatto, incapace di fissare un netto discrimine tra i valori fondamentali, da un lato, e l’edonismo a tutti i costi dall’altro, per cui ogni opinione è un valore da difendere. L’Islam, invece, non risente di questa limitazione. La sua linea dell’orizzonte separa nettamente il cielo, costituito dal paradiso di Allah, dalla terra sottostante - da purificare con ogni mezzo - abitata dal popolo dei miscredenti, da sottomettere o convertire. Ma ciò si configura o no come una vera e propria guerra di religione o di civiltà?
Il terrorismo è una forma particolare di guerra delocalizzata, che non si pone l’obiettivo di conquiste territoriali, economiche e sociali, ma punta solo e soltanto a vittorie politiche. La sua arma atomica è la psicosi di massa, per cui i primi a temerla come la peste sono proprio i governanti. Anche la strategia dei gruppi eversivi che prendono ostaggi, operano sequestri di persona o trafugano materiali sensibili per estorcere denaro (destinato a finanziarne la relativa propaganda e le iniziative di reclutamento che, a loro volta, daranno luogo ad altre azioni eclatanti, ad altre morti esemplari), è lotta politica, sotto altre forme. Alzi la mano, allora, chi crede nello scenario in base al quale l’occidente sarà ben presto colonizzato da legioni sterminate di giovani musulmani imbevuti di fondamentalismo, pronti a giocare alle quinte colonne, per portare la battaglia radicale e le strategie della Jihad all’interno dei confini dell’Europa. Invece, è certamente vero che Medio Oriente e Nord Africa si spartiscono equamente il non invidiabile primato di avere il più alto tasso di disoccupazione (soprattutto giovanile) del mondo, a fronte di una crescita demografica inarrestabile. Per cui è chiarissimo che ancora per molti anni le nostre frontiere (comuni e nazionali) saranno ferocemente sotto pressione. Ma, piuttosto, i veri rischi ci vengono dalle nostre interiora. Le statistiche europee ci dicono che un crescente numero di giovani musulmani, cittadini europei, di età compresa tra i 16 ed i 30 anni, ragazze e ragazzi, sembrano voler aderire alla visione dell’Islam più radicale e moltissimi di loro si dichiaravano favorevoli pubblicamente all'adozione della Shariah come legge dello stato. Quindi, è falsa la nostra presunzione che qualsiasi cultura e religione tenda, alla lunga, a omologarsi allo stile di vita occidentale. Questa errata certezza ci verrebbe dal fatto che, giudicando noi dal pulpito dell’illuminismo e del positivismo occidentali, la causa della resistenza degli islamici al nostro tipo di secolarizzazione potrebbe essere dovuta al fatto che la grande maggioranza di loro è esclusa dal benessere e dai vantaggi della tecnologia. E, invece, secondo me, il problema che si pone è di squisita fattura religiosa. E il disastro attuale, che rende vasi ormai incomunicanti Cristianesimo e Islam, deriva dalla superficiale interpretazione delle scritture islamiche e dalla distruzione delle scuole medioevali tradizionali che si dedicavano al loro approfondimento. A ben guardare, nella seconda forma di religiosità non vi è nessuna legittimazione per gli attentati suicidi e per il massacro indiscriminato di persone innocenti. È proprio l’Islam tradizionale che proibisce l’instaurazione di uno stato totalitario, come quello predicato dai fondamentalisti. In fondo, storicamente, il ruolo degli ulema (che poi sono i dotti musulmani di scienze religiose) non era forse quello di limitare il potere dei califfi? Quindi, non varrebbe la pena di favorire in ogni modo il ritorno alla pratica di re-interpretazione dei testi sacri, in sostituzione e in alternativa di quella letterale, predicata dai fondamentalisti? Penso che soltanto favorendo una lettura allegorica del Corano, di stile medioevale, sarebbe possibile condurre i fedeli musulmani a distinguere tra le leggi immutabili, derivanti dalla parola di Dio, e l’interpretazione umana dei testi sacri, sempre perfettibile ed emendabile. In pratica, la sola forza in grado di sfidare e di vincere il fondamentalismo è l’Islam stesso.

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