Il principio di trasparenza degli atti della Pubblica Amministrazione, di cui il diritto di accesso costituisce un corollario fondamentale, è definito come l’accessibilità totale alle informazioni relative all’organizzazione e al funzionamento della Pubblica Amministrazione.
In un clima internazionale particolarmente sensibile alla lotta contro i fenomeni corruttivi, il Legislatore ha potenziato e implementato il principio di trasparenza, finalizzato all’affermazione di un “controllo diffuso di legalità” dell’agere amministrativo.
L’introduzione delle norme in materia di accesso ai documenti amministrativi, di cui al Capo V della L. 241/1990 (artt. 22 e ss.), ha segnato il passaggio da un sistema incentrato sul principio di segretezza ad un sistema basato sui principi di pubblicità e trasparenza.
A tale figura di accesso, si affiancano l’accesso civico, introdotto dal d.lgs n. 33 del 2013, e l’accesso generalizzato introdotto dal d.lgs n. 97 del 2016.
Il c.d. accesso classico o documentale, è un istituto a legittimazione ristretta, consentito solo a “chi intenda curare o difendere attraverso la conoscenza dell’atto, un diritto di cui sia già titolare”. L’istanza di accesso non può essere, quindi, diretta, ad “un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni” (art. 24 co. 3, l. 241/1990), deve essere corredata da adeguata motivazione
A differenza dell’acceso “classico”, collegato a stringenti limiti di legittimazione, l’acceso “civico” e l’accesso “generalizzato” non richiedono un interesse diretto, concreto e attuale del soggetto che ne faccia richiesta, in quanto l’acceso, in questa ipotesi, è riconosciuto a “chiunque”.
Con riguardo all’istituto dell’accesso civico, è opportuno osservare che qualsiasi cittadino può chiedere e ottenere le informazioni, senza dovere dimostrare di avere uno specifico interesse su di esse.
In coerenza, l’art. 5 co. 1 D.Lgs. 33/2013 non prevede che la richiesta di accesso debba essere motivata.
Inoltre, questa ipotesi di diritto di accesso non riguarda solo i documenti, ma anche informazioni o dati. Oggetto della richiesta potranno, quindi, essere le informazioni e gli atti anche se non pubblicati dall’ Amministrazione.
In relazione, invece, all’accesso universale, previsto dal nuovo comma 2 dell’art. 5, D.Lgs. 33/2013, si osserva che, il medesimo è ispirato al c.d. FOIA (Freedom of Information Act) e viene introdotto nel nostro ordinamento allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”. La legittimazione a presentare richiesta di accesso è, pertanto, generalizzata e “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”. Ne consegue, quindi, che si tratta di un accesso civico libero, che ha ad oggetto tuti gli atti e i documenti dell’Amministrazione.
Ne consegue che se l’acceso civico può essere definito come strumento “proattivo”, poiché tende a stimolare l’adempimento dell’obbligo dell’Amministrazione di pubblicare i documenti e gli atti previsti dalla Legge, l’accesso universale è, invece, uno strumento “reattivo”, che si attiva a prescindere dall’obbligo della P.A. di pubblicare atti e documenti.
Un’altra differenza tra l’accesso civico e l’accesso universale si rinviene, poi, nell’ambito del procedimento che accompagna i due istituti. L’accesso civico, infatti, non necessita di contraddittorio con eventuali controinteressati, poiché il bilanciamento tra l’interesse alla pubblicità e l’interesse alla segretezza è effettuato a monte dal Legislatore; l’accesso universale, invece, ponendo limitazioni derivanti dalla necessità di tutelare alcuni diritti fondamentali, richiede il contraddittorio con gli eventuali controinteressati.
Quanto alla distinzione tra accesso classico e accesso generalizzato, aventi entrambi ad oggetto tutti gli atti detenuti dall’Amministrazione, va colta nei diversi limiti che la legge frappone all’ampiezza dell’uno e dell’altro. Infatti, con l’intento di bilanciare l’estensione dell’ambito applicativo dell’accesso generalizzato il Legislatore del 2016 ha introdotto, nel corpo del D.lgs. 33/2013 l’art. 5 bis, recante la disciplina relativa ad esclusioni e limiti all’acceso generalizzato.
Si tratta di limiti ed esclusioni che, in quanto frapposti ad un accesso del tutto slegato da requisiti legittimanti hanno portata molto più ampia (anche perchè descritti con riferimento al solo interesse in rilievo) rispetto a quelli puntualmente indicati (con riferimento a specifiche categorie di atti sottratti all’accesso) dall’art. 24 L. 241/1990 con riguardo all’accesso classico.
Non è un caso che la Giurisprudenza ha avuto cura di rimarcare la necessità di tenere distinte le tre fattispecie di accesso, proprio al fine di “calibrare i diversi interessi in gioco, allorchè si renda necessario un bilanciamento, caso per caso, tra tali interessi”: tale bilanciamento è, infatti, ben diverso, come chiarito, nel caso dell’accesso ex L. 214/1990, dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a documenti pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità, se del caso, in relazione all’operatività dei limiti, ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità e diffusione di dati, documenti e informazioni”.