Venerdì, 22 Novembre 2024 11:04

Frana l’economia reale: istituzioni locali e nazionali accelerano la crisi

Pubblicato in Economia e Diritto
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 Crolla tutto, anche l’economia reale. Precipitano inesorabilmente gli investimenti in Italia, inducendo la caduta irreversibile della domanda globale, detta anche domanda aggregata. Produzione ed offerta globale si adeguano al calo suddetto e, conformandosi alla domanda effettiva, si ridimensionano a loro volta facendo avvitare l’economia su se stessa. Difatti, rispetto al periodo precedente la crisi si registra una diminuzione di oltre il 27% tra investimenti pubblici e privati. Per chi si chiede quale sia la possibile conseguenza di una tale riduzione vale la pena ricordare che gli investimenti in macroeconomia si identificano con l’acquisto di beni strumentali, ovvero beni che servono a produrre altri beni e servizi nei diversi settori economici. La discesa di questa particolare categoria di domanda di beni provoca un’implosione della produzione, delle assunzioni e, quindi, dei consumi globali. A sua volta, la riduzione dei consumi alimenta ulteriormente la succitata spirale perversa, sino a tramutarla  in stagnazione. Vuol dire che il reddito nazionale è destinato a diminuire nuovamente e, considerando che il costo unitario del debito pubblico italiano è apprezzabilmente più alto del Prodotto Interno Lordo (indice di crescita relativa di riferimento) c’è poco da  rallegrarsi. Non è una visione pessimistica od “ossianica” dell’economia italiana, bensì una constatazione algebrica che gli addetti ai lavori non possono negare. Da soli, gli investimenti basterebbero ad incentivare la crescita e, se accompagnati da un incremento sensibile dei consumi giustificato dalla riduzione del fisco, incoraggerebbero un processo virtuoso orientato verso lo sviluppo. Ma così purtroppo non è, nonostante i proclami del governo farciti di certezze per il futuro. A tutto ciò va aggiunta la verosimile onda d’urto che è destinata a creare la crisi dei paesi emergenti sui mercati europei e la deflazione globale, una condizione patologica basata sulla diminuzione della domanda mondiale. La classe dirigente del Bel Paese che tutelerebbe ristrette elite corporative dalle quali attinge regolarmente comodi voti e mielosi consensi rappresenta, in questo scenario così contorto, la ciliegina sulla torta. Un frutto dal sapore amaro inasprito da nuovi incrementi fiscali dettati questa volta, dal nuovo tributo su internet e tecnologia pronto a scattare nel prossimo 2017. Non essendovi strumenti finanziari concreti e tangibili atti a coprire fattivamente le propagandistiche rimozioni tributarie annunciate da questo governo incline all’inflazione e al finanziamento della spesa in deficit, c’è poco da stare allegri. Anche nella capitale scarseggia l’allegria nonostante il giubileo dal momento che, a fronte della richiesta di 700 nuovi autobus, nessuna azienda si è mostrata disponibile a concorrere agli ppalti di fornitura degli stessi automezzi. Abbondano a tale proposito insanabili contraddizioni ai danni di commercianti e cittadini onesti, soprattutto per quanto concerne l’aspetto giuridico tributario. Le massima agenzia preposta alla gestione dei tributi si concentra sui contribuenti con avvisi di accertamento diretti agli acquirenti di auto usate pagate meno di 3000 euro. Tra queste, alcune passano completamente inosservate come l’enorme giro d’affari alimentato da extracomunitari e abusivi in ordine alla mole siderale di merce irregolare e contraffatta sdoganata alla luce del sole, senza vincolo alcuno. Neppure la città di Caserta è immune a questa virale anomalia. Anzi, ne è un esempio tangibile recante per giunta, la superficialità della politica e delle istituzioni locali. Intanto quasi il 10 % della popolazione nazionale è ufficialmente povero: questo significa che 10 persone su 100 non comprano, non spendono per l’acquisizione di beni primari e secondari, non producono, non incentivano il lavoro e gli investimenti altrui e, soprattutto, non sono più in grado di pagare le tasse. Un’indigenza dilagante destinata ad interessare ben presto anche parte delle 90 persone rimanenti sopra prese in esame. Dunque, è lecito parlare di povertà di Stato.

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