A morsi vibranti i Korn dopo l’uscita ufficiale del singolo “Rotting in vain” snocciolano il resto delle undici track comprese nell’album “Suffering in Vain”. Per niente tradisce le aspettative la terza traccia pubblicata: il tanto atteso featuring con Corey Taylor (degli Slipknot n.d.r.). Se ascolti in giro i pareri, questo disco nemmeno dovresti pensare di ascoltarlo perché ormai la cantilena petulante stracitata della band che diventa la cover band di sé stessa la fa da padrona tra gli storciatori di naso professionisti e penso abbia già stufato chi come me vede in alcuni pareri forse a volte forzatamente negativi solo un modo per uccidere l’entusiasmo di chi il percorso di questa band l’ha vissuto, saltato, a chi a volte vi ha assistito con delusione, ma ha sempre accompagnato le vicissitudini artistiche e non di questa band e salutato con un poderoso growl firmata anni ’94 ( headbanging n.d.r.) ogni disco, come una fatica e un modo per esprimere qualcosa, e non certamente per ottenere pareri positivi dalla critica (soddisfazione del marketing a parte). L’album che stiamo ascoltando e prendendo in esame infatti non rappresenta il lavoro di una band che deve dare il suo biglietto da visita per presentarsi al grande pubblico, ma di una band che ha fatto la storia del suo genere in più di un decennio di attività. Di sicuro l’album prende le mosse da vecchie soluzioni stilistiche già adottate in passato della band, vedi “Twist” ma non per questo penso siano meritati gli epiteti per niente onorevoli dati da alcuni giornali online in merito alla faccenda “Korn: schifo o non schifo” Dal basso della mia affezionata visione delle cose posso dire che loro hanno avvisato per quanto mi riguarda nelle parole delle interviste che hanno anticipato l’uscita dell’album in questione : cibo per nostalgici senaz’altro, ma soprattutto la serenità della sofferenza, una sofferenza che nonostante l’accettazione è destinata a perdurare nei lamenti echeggianti albori dei primi album di Jonathan che non è riuscito a superarla. Al contempo delle mie delucidazioni che talvolta non da live-writing, e nemmeno da recensione, ma piuttosto di una fan super affezionata che si chiede perché non si possa semplicemente ascoltare un nuovo album di una band, che per il momento ha capito qual è il suo posto. Attendiamo sicuramente il prossimo per vedere quale disco sul piatto ci fornirà casa Davis.