Sabato, 23 Novembre 2024 14:09
Pasquale Merola

Pasquale Merola

Di Pino Callà

Il premier Renzi ha impresso di fatto con il suo decisionismo e con la sua rottura nei confronti del sindacato, cinghia di trasmissione tra il blocco sociale dei garantiti e la sinistra , una mutazione genetica al Pd e all'intero centrosinistra. Mutuando nelle enunciazioni , nei proclami e non negli atti, temi e soluzioni che rievocano larvatamente lo spirito con cui nel 94 Berlusconi, nel nome di una rivoluzione liberale aveva dato rappresentanza alla maggioranza silenziosa e al blocco dei non garantiti, costituito da giovani, disoccupati, piccoli e medi imprenditori, artigiani, popolo delle partite iva. Determinando, così, nel centrodestra una sorta di involuzione in termini culturali , di profilo e prospettiva. Alla mission di cambiare il paese con riforme strutturali, in nome del principio liberale dello stato minimo, si è sostituito un profilo populista e statalista , ispirato a slogan demagogici e a temi della sinistra pd e della cgil, con i quali si può conquistare qualche voto tentando di cavalcare l'esasperazione degli italiani, ma con cui non si governa e non si vince, come in Francia l'exploit di Sarkozy ex Ump .Di fatto quanto resta di un 'area che è maggioranza naturale nel paese è guidata da uno scivolamento verso una deriva populista identitaria, sovranista, che ha in Salvini il suo riferimento: in costante crescita con l'implosione di Forza Italia- che sempre sulla carta conta il 7/8 %- , frutto del superamento della leadership del cavaliere che ha perso appeal, credibilità e sembra sempre più attento a tutelare le sue aziende e la sua agibilità politica . Non meglio gli altri “attori” del ricostituendo cdx. Lo stallo che caratterizza FDI- AN, il cui gradimento di Giorgia Meloni non è servito a stimolare il partito, né a imprimere una sterzata in termini di linea politica , ha agevolato il ricorso alla lega e non a promuovere un cantiere aperto per un soggetto che abbia ambizione di essere anima e motore del centrodestra, che in virtù della formulazione dell'Italicum con premio di maggioranza alla lista, imporrebbe uno sforzo inclusivo nella direzione di soggetti plurali a vocazione maggioritaria selezionando con le primarie la classe dirigente. La scelta di Alfano che ha portato Ncd all'estinzione pur di difendere ruoli di governo in una compagine di centrosinistra, contribuendo all'ascesa del premier compensando di fatto l'emorragia in atto a sinistra. Se a determinare questo processo, vedasi il recente abbandono dell'ex segretario regionale pugliese di Forza Italia Amoruso , è l'indubbio timore del voto anticipato e quindi ragioni tutt'altro che alte e nobili , va con onestà intellettuale rilevato che vi è anche l'assoluta irrilevanza di opzione con cultura di governo, liberale, modernizzatrice, distinta da Salvini e dal profilo che incarna. Sarebbe da irresponsabili non cogliere questo dato, infatti, gli stessi Fitto e Tosi non devono sottrarsi dall'improcrastinabile determinazione di dar corso insieme alla Meloni- abbandonando le vecchie retoriche dell’economia protezionista - di correggere il tiro in termini di proposta politica a un 'area che di fatto consenta al centrodestra di riappropriarsi della rappresentanza del blocco sociale di riferimento. La nuova area di cdx per tornare ad essere credibile,dovrebbe seguire la strada già tracciata da iniziative come la Sveglia Centrodestra con gli eventi di Milano , Roma e Perugia attraverso una piattaforma programmatica autenticamente riformatrice e una proposta ben strutturata sulle modalità di svolgimento delle primarie a tutti i livelli per la selezione della classe dirigente. Ad indicare la rotta in maniera chiara e lungimirante: abdicare a questa nuova direzione significherebbe assumersi la responsabilità di aver condannato il centrodestra all'opposizione per i prossimi lustri.

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Le interviste di mit

di Elisa Petroni e Tommaso Mestria 

Oggi vi presentiamo Alfonso Ernesto Navazio (ndr).

 

Classe 1958, una laurea in Ingegneria Civile, Sezione Trasporti – Gruppo Strutture. Si occupa di politica fin dai tempi dell’università e, iscritto al PSI, entra a far parte del Comitato Direttivo di Sezione, a Melfi. Consigliere comunale per due volte, nel suo comune, riveste anche la carica di vicesindaco. Nel maggio 2001, a capo di una coalizione di centrodestra, viene eletto sindaco di Melfi, che guiderà ininterrottamente per cinque anni. Dal 2004 al 2009 ha rappresentato la Regione Basilicata in seno all’Assemblea Nazionale dei comuni italiani. Viene rieletto sindaco nel 2006. Due anni dopo è nominato Commissario Straordinario del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Potenza prima, successivamente confermato nel settembre 2008 quale Commissario restando in carica fino al 28 febbraio 2010, data in cui si dimette per l’accettazione della candidatura al Consiglio Regionale di Basilicata, nella lista “lo Amo la Lucania”.

Cosa ha lasciato in eredità la sua precedente amministrazione? E cosa lascia quest’ultima?
E’ difficile fare un elenco e soprattutto darne una priorità. Tuttavia c’è un dato che difficilmente può essere smentito e di cui ne vado fiero: avere lasciato una città “indipendente” dai poteri politici forti e per questo “orgogliosa”, il contrario di quest’ultima che fa della sudditanza politica regionale e nazionale il proprio cavallo di battaglia.

E’ possibile riunire tutti i gruppi alternativi all’attuale amministrazione per costruire una coalizione di governo per la città di Melfi?
E’ nell’ordine delle questioni da affrontare nei prossimi mesi. Più di gruppi politici parlerei di uomini e donne di buona volontà che si mettono al servizio di un’idea condivisa per la prospettiva di una Città vivibile, Dinamica, aperta e solidale (il nostro progetto si basa appunto sull’acronimo CiviDas). Un progetto sempreverde che al di là dell’acronimo già conosciuto dai miei concittadini, perché introdotto dalla mia amministrazione, dà l’idea di ciò a cui ogni comunità dovrebbe sempre tendere. Un progetto, quindi il collante di questa ipotetica coalizione, più che il colore politico. Occorre essere alternativi nel senso della prospettiva verso cui tendere e del metodo con cui tentare di realizzarla. Un metodo che nei fatti e non nei proclami coinvolga ed appassioni facendo sentire tutti parte del processo oltre che del progetto.

Per Melfi, oltre all’eccellenza della Fiat, su quali altri settori indirizzare investimenti innovativi e utili per la comunità? Quali saranno i vostri punti programmatici su questo? Quali sull’abbattimento della tassazione e della sburocratizzazione?
I comuni devono occuparsi dei propri cittadini, rispettando le funzioni loro attribuite dalla legge. Spesso ci si vuole sostituire alle competenze proprie di altri Enti finendo per scimmiottare assessorati regionali (con enorme dispendio di risorse). I comuni devono garantire efficienza ed efficacia nella gestione dei servizi somministrati, puntare sulla trasparenza, stimolare la partecipazione. “Il pubblico sono io”, non uno slogan ma una consapevolezza. I nostri punti programmatici? Presto per elencarli ma con certezza posso dire che sarà premiato il REALISMO. E’ facile promettere e spesso conviene. Ma chi si candida a guidare un Paese, non importa quanto sia grande, deve mostrare, al contrario, misura e senso di responsabilità. Penso ad una campagna elettorale basata non su quello che gli altri non hanno fatto ma su ciò che noi riteniamo debba esser fatto.

Cosa ne pensa dello strumento delle primarie? A centrodestra urge selezionare una nuova classe dirigente e attraverso questo strumento si potrebbe agevolare. E’ d’accordo?
Le primarie? Nel centrosinistra si sta perdendo il fascino, nel centrodestra se ne sente la necessità. Troppi anni sono state usate e quindi ad un certo punto manipolate dai primi, troppi anni le hanno snobbate e quindi disincentivate i secondi. La verità è che le primarie, quelle vere, presuppongono l’esistenza di una classe dirigente e di un fermento e dibattito politico oggi quasi del tutto assente. Mancano i luoghi della discussione, manca la discussione. Come si individuano, dunque, i potenziali sfidanti? Mettiamo un annuncio? Ricorriamo alla rete? Facciamo salire dal basso la “resistenza valoriale” liberale e poi ne parliamo.

Uno stato “pesante” che spende e spande. Secondo lei eliminare le società partecipate può essere un primo passo verso la riduzione della spesa pubblica?Sicuramente le duemila e passa società partecipate rappresentano una fetta enorme di spesa pubblica e dunque un peso da controllare. Il buon senso suggerisce di eliminarle. Ma come sempre non occorre fare di tutta l’erba un fascio! Nel panorama delle società pubbliche esistenti ce ne sono alcune con caratteristiche imprenditoriali di valore, meritevoli di essere mantenute in piedi, al contrario di quelle che sono servite e servono tutt’ora, solo a “sistemare” i trombati della politica (non vuole essere un luogo comune ma tant’è!). Su quest’ultime di certo nessuno tentennamento!

Amministratori locali come forza trainante di un centrodestra rinnovato che possa presto tornare vincente. Concorda?
Come si fa a non concordare? Abbiamo assistito in questi ultimi anni ad una deriva della sua classe dirigente, più propensa al proprio posizionamento politico che alla trasmissione di valori liberali. Il caso Basilicata ha rappresentato un caso di scuola : un cerchio, poco magico, che per salvaguardare i propri destini ha abiurato i propri valori, lasciandosi contaminare dalle forze di governo e diventando in tal modo poco credibile come forza di opposizione.

 

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In nome del Papa Re!

Nuovo "Che" dei popoli oppressi, o una moderna riedizione del Papa Re? Dopo che Bergoglio ha ripreso il suo aereo di ritorno chi glielo dice, ora, ai due Castro -visto che "Lui" se ne è dimenticato- che serve libertà e democrazia per il loro popolo annientato da mezzo secolo di comunismo rivoluzionario e immiserito da una miriade di bufale giustizialiste ed egalitarie? Sì, è vero: la realtà cubana all'epoca del Fidel era ben più complessa. Sul mercato nero arrivavano molti di quei beni occidentali -in teoria, preclusi alle masse e concessi alla dorata borghesia di Partito- acquistati da tanti cubani che, ufficialmente, guadagnavano meno di 5 $ al mese. Grazie, in particolare, ai redditi non proprio leciti garantiti da una fiorente industria (tollerata dal regime) della prostituzione, schermata da un perbenismo di facciata. E, oggi, chi ci dice che le cose potrebbero andare diversamente, dopo la pace Usa-Cuba? Forse, fare all'amore non è molto meglio di un duro lavoro, stile "capitalista"? Come per il fascismo, mi sono sempre chiesto: ma la volontà popolare, la voglia di ribellione, oggi come allora, dov'era?

 Veniamo, ora, alla politica estera del nuovo "Papa Re". I gesuiti, lo dovreste sapere, sono molto pazienti, pur venendo assai dopo la tradizione cinese che consigliava al saggio di sedersi lungo la sponda del fiume, in attesa che passasse la salma dell'odiato nemico. Il Vaticano ha dovuto aspettare meno di cento anni perché ciò accadesse per le spoglie degli eredi di Lenin e Stalin, e appena poco più di mezzo secolo quando, giorni fa, ha sottomesso al rito del bacio (simbolico) dell'anello lo zombie di Cuba. Cosa straordinaria davvero, a ben pensarci! E tutto questo è avvenuto "pacificamente". La Russia e Cuba si sono riscoperte cristiane, com'era ovvio, del resto. Due millenni contro pochi spiccioli di anni. Lotta impari davvero.

Ma, nel riannodare le fila tra la rivoluzione cubana e l'odiato capitalismo c'è, come novità assoluta, un sottile filo rosso del primo Papa latino-americano, nato e vissuto in quell'America Latina, così tanto cara al "Che" della rivoluzione castrista del 1959. Un colpaccio per il regime castrista che aveva l'assoluta necessità di riabilitarsi agli occhi del mondo e, finalmente, offrire un po' di benessere all'occidentale alla sua deprivatissima popolazione. Di finto comunista, ormai, non era rimasta che la Cina, dopo il solenne abiuro della Mosca post-sovietica. Pertanto, occorreva molto alla svelta sostituire gli aiuti "socialisti", dati a Cuba assai generosamente da Krusciov a Gorbaciov, con quelli ben più appetibili del capitalismo americano, soprattutto quello finanziario. Infatti, non escluderei affatto che Cuba si organizzi prossimamente come una vera e propria piattaforma finanziaria "off-shore" a due passi dal grande continente americano.

La cosa davvero singolarissima, poi, è riconoscere nel gesuita Francesco la genuina volontà di costruire un ponte tra le società latinos e l'America del Nord, ai cui confini premono centinaia di milioni di aspiranti profughi economici di lingua spagnola. Al Papa (il primo della storia) è stato concesso l'onore di parlare dinnanzi al Parlamento degli Stati Uniti, ridisegnando e dando un volto a quella funzione ecumenica che un Onu -farcito di dittatori senza scrupoli, con il seggio di diritto all'interno della sua Assemblea- non può più garantire. Ma, Francesco è anche il Papa che dovrà districarsi tra crociata e crocifissione, dovendo in qualche modo coinvolgere l'Occidente nella protezione dei cristiani africani e mediorientali, oggi perseguitati con ferocia e accanimento dai fondamentalisti musulmani.

Gli abbiamo già sentito dire che "bisogna difendere con ogni mezzo" quelle nostre povere comunità straziate da un genocidio etnico-religioso, che ricorda ben altri tempi bui. La Ratisbona di Ratzinger oggi è sempre più lontana. Il "Logos" non ha più nulla a che vedere con il richiamo alla Jiahd coranica, da parte dei neri sicari di Al Bagdadi e di Bogo Haram, dove il diverso, l'infedele va sottomesso o ucciso, in questo secondo caso preferibilmente crocefisso a arso vivo secondo le più tragiche conclusioni della Roma pagana e della Santa Inquisizione spagnola, che seguì -va detto- un interregno di pace, armonia e rispetto durante il dominio islamico in Europa. Intanto, l'opinione pubblica di Obama ha avuto il suo grande regalo mediatico, con il richiamo solenne del Papa contro gli imperdonabili peccati della pedofilia sotto la toga.

Non critichiamo troppo, quindi, Papa Francesco: sotto quel sorriso affabile si cela una volontà di ferro. Se fossi un radicale musulmano, non dormirei sonni tanto tranquilli.

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 Di Nicola Quaranta Il trash in Italia è sempre stato famoso, sia nel tempo che nei luoghi. Moltissimi gli storici personaggi che si sono mescolati e dati il cambio nella scena nazionale. Basti pensare a Richard benson tornato da poco alla ribalta in seguito a dei  video esilaranti su youtube. Youtube è stato anche un trampolino di lancio per Andrea di Prè, ex venditore di aste, ora icona di una subcultura imperante che ora vede nei suoi miti e protagonisti un certo Maxfelicitas, che propaganda incondizionatamente uno stile di vita tutto divertimento e vizi. Tutti video nei quali le parole d’ordine sono: droga, alcol, sesso, soldi. Ispirazione dipreiana che ne crea in maniera del tutto dissacrante una religione.

Da cosa nasce questa passione? Possiamo farla risalire sin dai latini, che nei riti fescennini ridicolizzavano un po’ la società. O nei carnevali veneziani. Ma il senso del trash è sempre lo stesso, anche se cambiano i modi. Il sistemico essere inorriditi ma affascinati da un mondo segreto e inconfessabile è il segreto di questo genere ai limiti della decenza. Cosa ci si aspetterà nel futuro?

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L’APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA

In questi giorni il Ministero della Sanità, con specifici provvedimenti e “linee guida” ha avviato la “stretta” sugli esami specialistici che, com’è noto, sono prescritti dal medico curante per le diagnosi finalizzate alla cura di patologie.

In buona sostanza il Governo ha messo le mani avanti: onde avviare un “risparmio “della spesa sanitaria, che soprattutto in Campania ( una delle Regioni sottoposte al rientro della spesa sanitaria) ha pensato bene di sottoporre a questa “stretta”, tra le altre figure professionali sanitarie, il povero medico di medicina generale che, dall’oggi al domani, si vede così “ mortificato” nelle sue specifiche competenze professionali e sottoposto ad una valutazione del suo operato e che lo vedrà inesorabilmente oggetto di un eccessivo “controllo” da parte dell’Azienda Sanitaria Locale a mezzo dei suoi organi ( Direttore Sanitario del Distretto nella cui circoscrizione ove opera e nel quale ha lo Studio).

E questa “stretta”, inesorabilmente, si risolverà con altri disagi al c.d. “cittadino-utente”, al paziente, il quale già afflitto dai lunghissimi “tempi”  necessari per una visita specialistica, per un esame, vede così mortificato o comunque ridimensionato il rapporto fiduciario con il proprio medico curante.

Quella del medico di medicina generale, del c.d. “medico di famiglia”, è una figura prevista dalla L 833/1978 ( Riforma Sanitaria) che trae le sue basi proprio sul rapporto-fiduciario che si viene a creare tra il professionista e l’assistito: il medico diventa un soggetto “indispensabile” nel percorso di prevenzione e cura delle patologie, un primo presidio cui rivolgersi e dal quale “si parte” per gli eventuali ed opportuni approfondimenti diagnostici.

In buona sostanza il cittadino sceglie il proprio medico di medicina generale recandosi alla ASL presso la quale, da specifici elenchi, si estrapola il nominativo del medico e lo si assegna al richiedente: da questo momento si “crea” il rapporto fiduciario e il professionista, oggi fornito anche dei più

 

 

 

 

 

sofisticati sistemi informatici, sarà in grado di seguire il paziente dal punto di vista sanitario.

Con un semplice “click”, ad una visita successiva, sarà in grado di sapere quali patologie ha diagnosticato precedentemente, quali le cure prescritte,

quali gli esami o i ricoveri disposti.

Insomma un continuo “monitoraggio” sulle “nostre” condizioni di salute!

E proprio sull’esatto valore da dare al c.d. “rapporto fiduciario” la giurisprudenza anche di legittimità è intervenuta  pronunciandosi  più volte ed “elaborando” il significato del sinallagma: con la diretta conseguenza che si è “responsabilizzata” e “gratificata” la figura del medico e dall’altra il cittadino-utente-paziente- è oggi consapevole dei propri diritti ad ottenere una assistenza sanitaria ai massimi livelli.

Come detto con gli ultimi provvedimenti che già hanno scatenato un mare di polemiche questo rapporto ne esce incrinato: lo spauracchio della “appropriatezza prescrittiva” toglierà il sonno e pure la ..salute al povero medico che così… sognerà.. o il Direttore Sanitario che gli richiederà ragione sulla necessità  di quel particolare esame, del perché “prescritto”, e che istituzionalmente potrà pure sottoporlo a procedimento anche di tipo disciplinare per la inappropriatezza della prescrizione sanzionandolo economicamente, o addirittura… sognerà la Corte dei Conti.. che un giorno, appunto, potrà chiedergli “conto” sul proprio operato!

A questo punto io credo che una serena riflessione vada assolutamente avviata, pur apparendo chiaro che il medico dovrà attenersi obbligatoriamente ai rigidi criteri fissati dal Ministero, seppure con le immaginabili conseguenze che di qui a poco si diranno, anche in rapporto alla ulteriore circostanza che le predette misure restrittive sono previste anche nella  ulteriore logica di dover “colpire” un altro fenomeno: la prescrizione indiscriminata di esami diagnostici, da parte del medico, onde “coprire” responsabilità di tipo professionale.

Con questi provvedimenti si è colpevolizzata la figura del medico di medicina generale, facendo ricadere i possibili ”disastri” di errori del passato, di natura prettamente politica e che hanno prodotto i ben noti “buchi”, sull’inerme professionista, che ne esce anche mortificato, come si diceva, nella sua professionalità e nel suo giudizio correlato alla necessità o meno di un approfondimento diagnostico, sottoposto ad una “valutazione”

 

 

 

 

 

 

 

da parte di soggetti “estranei” a questo rapporto con il proprio assistito : in buona sostanza si produrrà una situazione in cui al professionista si richiede una immediata diagnosi senza un supporto di tipo diagnostico o che, se tale supporto sia assolutamente necessario, che questo sia “appropriato” alla

patologia e rientrante nell’alveo di  specifici elenchi.

In una situazione paradossale laddove appare del tutto chiaro che anche l’evolversi di una malattia obbliga a dei protocolli diagnostici che troverebbero un ingiustificato tentennamento, nell’applicarli e quindi nel

prescrivere questo o quell’esame, nel timore, per il medico, di incorrere nelle paventate conseguenze.

Ed allora viene spontaneo pensare che vi saranno paradossali situazioni da fronteggiare e che il tutto si tradurrà, da una parte, in una limitazione della professionalità del medico al quale è impedito il diritto/dovere di lavorare secondo “scienza e coscienza”, dall’altro si tradurrà in un danno per il paziente che sarà così costretto, in taluni casi, a rinunciare all’assistenza pubblica.

Ed è auspicabile che si trovino serene e condivise soluzioni che contemperino le esigenze di rispetto della spesa sanitaria, con la dovuta e doverosa assistenza al paziente, ma che in primis salvaguardino anche la professione medica: è impensabile una “ingerenza” in scelte, quelle mediche, che appare evidente nulla hanno a che fare con gli sprechi.

Ogni altro fenomeno o abuso va individuato con i giusti strumenti ma non colpevolizzando, e lo si ripete, il povero medico.

                                                                   Pietro Manzella

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