Giovedì, 21 Novembre 2024 15:01

Staccare la spina e lasciar morire, staccare un bimbo ad i suoi naturali affetti, condannare a morte. Può un magistrato decidere questo?

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Le cronache dei giornali, nazionali ed internazionali riportano sempre più spesso sentenze e decisioni di Magistrati che non incontrano sempre il favore dell’opinione pubblica.

Certamente dalle varie discussioni si evince quanto sia difficile il compito del giudicare con coscienza e nel rispetto delle leggi, quindi il gravoso ed importante compito del magistrato cui ha in mano il destino e la vita di molti soggetti.

Non stiamo certamente parlando del furto o di tutti quei reati che implicano condanne che sicuramente modificano la vita degli attori, ma che in ogni caso non la stravolgono se non nelle limitazioni personali, a torto o a ragione con la detenzione o con pene pecuniarie.

Non dobbiamo nemmeno considerare in questo articolo la pena di morte inflitta in alcune nazioni per reati gravi.

La riflessione cui si vuol indirizzare è verso quei magistrati che si occupano di minori, quindi soggetti che non hanno la capacità di decidere e di scegliere per cui bisogna prendere delle decisioni affinché i minori possano esser tutelati e verso i quali si dovrebbero prendere le decisioni nel più stretto loro interesse.

Ma è proprio a loro tutela che si prendono certe decisioni?

E’ proprio di questi giorni la notizia che l’Alta Corte Inglese ha deciso che ad un bimbo affetto da gravissima patologia, ritenuta incurabile, venga staccata la spina che lo mantiene in vita condannandolo a morte.

Già in precedenza, sempre in Inghilterra era avvenuta la stessa cosa ed il bimbo morì, tra la mobilitazione e l’indignazione internazionale nei confronti di quei magistrati che ne hanno emesso la sentenza.

Oggi, dopo aver staccato il respiratore così come ordinato dai Magistrati Inglesi, il bambino respira da solo, aiutato nella respirazione dai genitori tanto da costringere i magistrati ad ordinare la somministrazione di ossigeno ed acqua, ammettendo di fatto il proprio errore.

Non osiamo fare previsioni se non asserire, quanto imprevista sia la vita e quante sorprese ci riservi.

Ma i Magistrati, hanno sbagliato la valutazione di accanimento terapeutico o no?

E’ sempre di questi tempi la notizia di un bimbo tolto ad i naturali genitori per essere dato in affido ad una nuova famiglia, nonostante i genitori fossero delle persone benestanti, rispettose e che nulla anno fatto mancare al loro pargolo, meno che meno amore, ma ritenuti troppo grandi dal magistrato e dagli assistenti sociali per poter allevare un figlio.

Un’altra decisione che ha dell’inconcepibile, chi può stabilire l’età per poter essere buoni genitori, e poi buoni rispetto a cosa?

Ed ancora, altro figlio tolto ad una coppia perché la madre ha un quoziente intellettivo ritenuto troppo basso a giudizio di un Magistrato.

Potremmo continuare a lungo, ma due casi internazionali e due casi nazionali, entrambi in culture ritenute “ civili” e quindi analoghe, dove il diritto, la giustizia e quant’altro sono il vanto blasonato dell’Europa, ma che invece mostra tutti i limiti dell’essere umano.

Chi ha ragione?

Magari poi ci inventiamo affidamenti che nulla hanno a che vedere con ciò che è naturale, e in quel caso non si chiama in causa la tutela del minore?

Come mai li i giudici non intervengono?

Forse la legge della natura può essere glissata ed ha meno valore di quella dell’uomo?

Fare esempi, non ha senso, ma è chiaro che si intendono quegli affidamenti a coppie dello stesso sesso e che magari utilizzano la tecnica delle fecondazioni assistite o dell’utero in affitto, stravolgendo di fatto le leggi della natura.-

Non è un’ attacco alla Magistratura, che troppo spesso deve intervenire facendosi largo tra un labirinto di leggi e leggine e una ragnatela di interpretazioni spesso assurde e discutibili, provocate da leggi le leggine promulgate in fretta e furia ad arginare delle emozioni popolari piuttosto che a regolamentare seriamente delle problematiche complesse.

E’ necessaria una riflessione seria sul ruolo del Magistrato, che ha certo una cultura giuridica, ma non una cultura sociale, psicologica, medica ecc. e che sempre più spesso si trova a dover dirimere questioni che non sono solo legali.

Forse una seria riorganizzazione delle leggi, magari dopo un’attenta riflessione che coinvolga anche quella parte culturale, troppo spesso emarginata, darebbe a chi preposto ad emettere giudizi, sarebbe opportuno, ma come sarebbe opportuna una convinta scelta di Giudici e collaboratori di elevato e certo spessore e specializzazione.

Un figlio è sempre un figlio, chiediamoci se un Magistrato ha il diritto di decidere sulla vita e sulla morte di un figlio che ha la gioia di essere nato, trasformata dall’essere umano in colpa.

 

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