Che cosa si intende con "riflesso populista"? In buona sostanza si fa riferimento al voto "liquido", non più ideologico ma punitivo in base al principio che "chi non mi fa star bene lo bastono" dell'elettore infuriato e riguarda, quindi, la colpevolizzazione (del tutto motivata, tra l'altro) degli establishment di turno. Questo tipo di vendetta via urna elettorale è del tutto comprensibile, visti i clamorosi insuccessi delle élite occidentali a rimediare ai loro incomparabili danni per aver favorito una globalizzazione senza freni. Da cui deriva la scellerata gestione dei flussi migratori epocali, a loro volta originati dalle mancate compensazioni per riequilibrare le diseconomie continentali tra Africa e Occidente. Il problema è che, in questo caso, peccato e peccatore non coincidono, perché tutti i governanti sono peccatori a prescindere. L'alternanza traumatica o fisiologica tra élite, pertanto, non è in grado di redimere il peccato, che poi è quello del declino economico dell'Occidente e del fallimento del suo sistema industriale ad alta densità di manodopera. Le delocalizzazioni e il crescente monopolio produttivo delle tigri asiatiche hanno comportato la conseguente distruzione di decine di milioni di posti di lavoro in Occidente, laddove prima regnavano benessere, prosperità e crescita economica che si voleva illimitata. Tuttavia, chiunque sia al comando e governi volendo incidere sulle attuali, disastrose situazioni socio-economiche deve fare affidamento su tempi medio lunghi, per tentare qualche rimedio di consistente durata. E lì sta il dramma, perché l'istinto del "Re di Bastoni" può in ogni momento scompaginare con la sua insoddisfazione le programmazioni a medio termine, qualora queste ultime non portino a un risultato immediatamente tangibile sul miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini. Così, è destinato al fallimento il populismo che usa lo Stato per garantire più assistenza a fasce sociali svantaggiate, ormai maggioritarie a seguito delle crisi a ripetizione della finanza mondiale e della nuova concentrazione extraoccidentale della ricchezza globale. Questo perché, una volta insediato il proprio establishment, dopo aver rimosso dalla scena quello precedente, esecrato e odiato, i nuovi padroni della scena politica si scontrano con il peccato, ovvero con il principio di realtà che non fa nulla per arrendersi alle promesse demagogiche di chi quando era all'opposizione prometteva benessere per tutti. Quindi, il Re di Bastoni è, di fatto, un re senza denari che può soltanto destabilizzare con l'estrema fluidità del voto elettorale qualsiasi quadro istituzionale, ma non può tramutare in oro il piombo che ci lega agli investitori finanziari internazionali e a una moneta senza popolo. Anziché nell'assistenzialismo, infatti, bisognerebbe investire ingenti risorse in formazione e ricerca avanzate per competere sui mercati della rivoluzione digitale e della robotica Quindi, lo scenario che si prospetta, in un ciclo lungo di intronizzazioni e detronizzazioni "populiste", è quello di una permanente frustrazione degli elettorati occidentali sempre più incattiviti dalla mancanza di risultati attesi e delusi da promesse mirabolanti. Come quella del rimpatrio in massa dei clandestini che, oltre ai costi insostenibili per il loro riaccompagnamento alla frontiera, necessitano di faticosi accordi bilaterali con i Paesi di origine. Per non parlare della vergine di ferro dei Trattati europei e dell'Euro che con i loro vincoli ineliminabili impediscono all'Italia mano libera sui bilanci pubblici. Rimedi? Avere la forza di denunciare unilateralmente Trattati come Dublino, Fiscal compact e Politica agricola comune. Ma servirebbe imitare le Costituzioni americana e francese, con l'uomo solo al comando. Trump e Macron non assomigliano in nulla né a Salvini, né a Di Maio: "This is the problem".