Giovedì, 05 Dicembre 2024 03:42

Ocean Cleanup, un "tubo" nell'oceano per risucchiare i rifiuti

Pubblicato in Scienza

Si chiama Boyan Slat ed è un giovane inventore e imprenditore olandese di 24 anni. A lui si deve l'invenzione del progetto "Ocean Cleanup", un nuovo sistema per intrappolare tonnellate di plastica a mollo nell'oceano. L'idea è di dirigere una barriera galleggiante lunga 600 metri verso la "Great Pacific Garbage Patch", l'enorme isola di rifiuti di plastica e altra spazzatura che si trova nell'Oceano Pacifico. La grande isola di immondizia del Pacifico si trova, nello specifico, tra le Hawaii e la California. Scoperta nella seconda metà degli anni Ottanta, non ha ancora dimensioni certe: si ritiene sia tre volte la Francia, con valori che variano da 700mila chilometri quadrati a 15 milioni di chilometri quadrati, in base soprattutto alle dimensioni dei detriti di plastica e alla portata inquinante delle molecole in seguito alla disgregazione degli oggetti in acqua. Plastica che contamina una grande varietà di specie marine, comprese quelle che peschiamo e consumiamo. Nel 2013, a soli 18 anni, Slat ha proposto questo progetto molto ambizioso da diversi milioni di dollari, con l'intento di dimezzare le dimensioni della chiazza entro i prossimi 5 anni. Dopo cinque anni di test, l'Ocean Cleanup è partita l'8 settembre da San Francisco verso l'Oceano Pacifico, luogo in cui si trova appunto la "Great Pacific Garbage Patch". La barriera sarà testata per un paio di settimane in un'area di prova, dopodiché potrà andare al largo per circa 2.200 chilometri, rendendo pienamente operativo il progetto. Il progetto negli anni è riuscito a raccogliere circa 35 milioni di dollari di donazioni private. Portato avanti da Ocean Cleanup, un'organizzazione senza scopo di lucro che dal 2013 lavora alla preparazione della barriera galleggiante, il progetto ha ottenuto anche l'interessamento di alcuni miliardari della Silicon Valley come Peter Thiel, cofondatore di PayPal. Dei milioni raccolti, il progetto prevede di spenderne quasi 6 per ogni nuova barriera galleggiante prodotta: una flotta di 60 barriere avrà così il compito di trattenere tutta la plastica dispersa nell'Oceano. Al di sotto dei galleggianti della barriera è posta una rete di 3 metri che recuperi tutta la plastica possibile; questa, infatti, non raggiunge quasi mai profondità maggiori. Periodicamente una nave raggiunge la barriera, svuotandola e riportando verso la terraferma l'immondizia che potrà poi essere riciclata. Nell'era in cui tutto è social e per rendere interessato il mondo basta che tutto sia online e in streaming, anche l'Ocean Cleanup è un progetto 2.0: i più informati hanno avuto la possibilità di seguire il grande lancio sul sito theoceancleanup. com.su Twitter, ma Boyan Slat continua ad aggiorna costantemente i suoi follower sulle varie tappe dell'iniziativa. Su questo progetto grandi sono i dubbi, lo scetticismo, le incertezze: riuscirà la barriera a seguire la chiazza di rifiuti nonostante sia continuamente spinta dalle correnti? È un progetto davvero ecosostenibile o nella rete finiranno col rimanere impigliati anche qugli abitanti del mare che, in teoria, dovrebbero essere protetti? Lo stesso Slat non è totalmente sicuro della riuscita del piano. È più sicuro, invece, che il problema esista a monte, causato dall'immane produzione di plastica nel mondo. Nemmeno noi sappiamo cosa ne sarà dell'Ocean Cleanup ma, nel frattempo, seguiremo in diretta le sue avventure. E se, tra una diretta e l'altra, riuscissimo anche a gettare i rifiuti nel contenitore giusto, sarebbe comunque già un buon inizio.

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