Venerdì, 22 Novembre 2024 16:34

Nella Giornata di Sabato 18 Luglio, nel pieno del caldo estivo, arriva quasi a sorpresa l’annuncio del Premier Matteo Renzi sulla nuova riforma fiscale. In occasione della convention del Partito Democratico, tenutasi all’ interno dell’Auditorium Expo di Milano, l’ex sindaco di Firenze approfitta per comunicare a stampa ed istituzioni una vera e propria manovra tributaria: una riduzione graduale in tre anni del carico fiscale che lascia perplessi numerosi addetti ai lavori.
Nella visione del Premier vi è l’abolizione nel 2016 della tassa sulla prima casa (annuncio che però ricorda tanto l’iniziativa portata avanti dell’allora premier Silvio Berlusconi nel 2008), intervento in due anni su Ires ed Irap e modifica nel 2018 sugli scaglioni Irpef e sui parametri previdenziali. Visto il periodo non roseo dell’economia italiana sembrano le parole pronunciate del Premier quasi un modo avventato per riprendere fiducia e consenso nei cittadini. E’ anche vero però che le notizie economiche che arrivano in questi mesi parlano di una timida ripresa nei consumi e di condizioni favorevoli alla crescita nel biennio 2016/2017. Secondo gli ultimi documenti OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), confermati anche dall’Associazione bancari italiani (Abi) si stima nel prossimo biennio un aumento dell’1,6 % annuo della produzione industriale e la tanto attesa uscita del nostro paese dalle recessione economica.
La crescita delle esportazioni “made in Italy”, la ripresa lenta della domanda interna (che allontana, almeno per ora, il rischio deflazione delle merci) e il basso interesse sul debito pubblico portano quindi i più ottimisti ad intravedere una parziale ripresa della produzione nazionale. Le condizioni e i presupposti favorevoli dell’economia europea non devono però far dimenticare alle istituzioni e al governo le enormi difficoltà del nostro paese che riguardano il lavoro e i processi occupazionali.
Gli ultimi dati Istat sull’occupazione in Italia (datati 30 giugno) sono considerati se non negativi ancora imbarazzanti. Il Rapporto Istat parla di un 12,4 % tasso di disoccupazione sul totale della popolazione attiva e di un 41,5 % sul totale della popolazione giovanile (under 30) ma soprattutto della finora incompleta riforma del lavoro (meglio conosciuta ai cronisti come Jobs Act). Le azioni del Governo in tema di lavoro hanno portato ad un aumento del 24,6 % di assunzioni a tempo indeterminato di cui la maggior parte però legate alla trasformazione di vecchie forme contrattuali. Quella finora sul Jobs Act si può considerare quindi una riforma a metà, che non tiene conto dell’elevato tasso di disoccupazione e dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
La stagione che sta per iniziare sarà quindi un banco di prova per il governo per definire al meglio le forme contrattuali di flessibilità per i nuovi occupati ma anche per ridurre il pesante carico fiscale che caratterizza la vita e lo sviluppo delle aziende di piccole e medie dimensioni. Servirà in questo caso da parte del Governo Renzi un vero e proprio slancio in avanti: ridurre le tasse alle imprese e quindi far ripartire l’occupazione, pur rischiando un leggere aumento sul debito. Ma non credo che deciderà di comportarsi così. Piuttosto il premier aspetterà, in maniera più prudente, un andamento positivo dell’economia del prossimo biennio per mettere poi mano al piano di riduzione fiscale. Tra gli annunci di Renzi a favore delle imprese vi è la riduzione dell’Ires e delle addizionali Irap solo nell’anno 2017, lasciando intendere quanto sia ancora da verificare una progressiva ripresa economica del paese. Sorgono però, in questo quadro fiducioso, alcune domande da parte dei cittadini e dai non esperti ai lavori: Le previsioni economiche andranno cosi come previsto? Ed inoltre, se verificate queste condizioni, cresceranno, davvero cosi repentinamente, l’economia e le imprese italiane? Ce lo auguriamo.

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